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Public Policy

La caduta del Governo Prodi

Non sparate sui senatori

Il bipolarismo è morto: rivitalizzare il Governo sarebbe solo incoscienza politica

di Davide Giacalone - 22 febbraio 2007

I senatori Rossi e Turigliatto vivono i loro giorni di fama, se non proprio di gloria. Di loro non si erano accorte le cronache politiche, così come di tanti altri loro colleghi. La loro posizione va presa in seria considerazione, perché pone un problema politico che attiene alle radici stesse di questa sbilenca e smandrappata seconda Repubblica. Non è facile, per esempio, rispondere a questa domanda: sono dei coerenti idealisti o dei traditori? Una come la senatrice Franca Rame, ad esempio, dopo avere dato del bugiardo a Fassino ed avere accomunato a questa sua qualità i dirigenti dei ds, dopo avere espresso giudizi non propriamente lusinghieri su Parisi, dopo avere detto di essere contraria all’allargamento della base di Vicenza e favorevole al ritiro delle truppe italiane dall’Afghanistan, ha infine votato a favore dei lavori nella base, della permanenza delle truppe, della politica di D’Alema e Fassino, e del ministro Parisi, perché votando a favore di tutto questo intendeva esprimersi contro le destre. Una logica, come si vede, che richiede una certa applicazione per potere essere compresa. Diliberto e Giordano, segretari dei comunisti italiani e dei rifondatori comunisti, sono andati a Vicenza per manifestare contro la base, contro le truppe italiane in zone di guerra, quindi contro la politica estera del governo Prodi, così come lo stesso Prodi aveva opportunamente chiarito. Ora gli stessi due si scagliano contro i compagni senatori che hanno posto il loro voto in coerenza con quella manifestazione. Tutto questo appare folle (e forse lo è per davvero) se non si tiene conto di due opposte coerenze: quella con il mandato, ricevuto dagli elettori, di tenere in piedi un governo di sinistra e contro le destre e quella alle tesi, raccontate agli elettori, circa i temi della pace e dell’antiamericanismo. Tutte e due queste coerenze non possono essere praticate, giacché sono incompatibili. Ed è proprio questa la cosa significativa, capace, da sé sola, di raccontare il corredo genetico del bipolarismo italiano che, per reggersi in piedi, ha bisogno che si schierino unite forze politiche e tradizioni culturali (si fa per dire) tra loro del tutto diverse ed opposte. Una simile formula funziona solo se (come nel caso degli Stati Uniti) il risultato elettorale consegna poi al vincitore (singolare, non ad una coalizione) il significativo potere di affrancarsi dalle contraddizioni. In caso alternativo occorre che, come nella Germania delle scorse elezioni, sia la responsabilità politica ad isolare gli estremisti, anche a costo della sconfitta. Dove, come da noi, non si verificano nessuna di queste due condizioni il risultato è quello di coalizioni rabberciate e contraddittorie, capaci di durare solo a patto di non governare. La coalizione capitanata da Prodi raggiunge l’estrema maturazione di questo malo frutto: non ha governato, ma nemmeno è durata. Può darsi rinasca, ma non sarebbe accanimento terapeutico, bensì incoscienza politica.

Davide Giacalone www.davidegiacalone.it

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