La divisione dall’Eni non è risolutiva
Non c’è soltanto Snam Rete Gas
Approvvigionamenti e prezzi dell'energia restano il punto debole del sistema-Italiadi Elio Di Caprio - 30 gennaio 2007
Presi dai problemi spiccioli dei costi per le ricariche dei telefonini, dalle liberalizzazioni per edicole, barbieri e parrucchieri, rischiamo di non dare la giusta importanza al complesso settore delle liberalizzazioni energetiche, troppe volte sfiorato o rimesso in causa da provvedimenti settoriali con fughe in avanti, pressioni di lobbies, ripensamenti dell’ultima ora, schermaglie di schieramento.
E’ un campo nel quale un eccesso di informazioni divergenti o approssimative può generare una vera e propria disinformazione. Pochi si accorgono di cosa nasconde la lunga diatriba sulle modalità ed i tempi con cui l’Eni dovrebbe dismettere la sua partecipazione maggioritaria in Snam Rete Gas, nessuno è in grado di dimostrare che da un provvedimento simile conseguirà per incanto una riduzione dei nostri costi energetici o se invece, come dice Rifondazione Comunista, avverrà tutto il contrario. La soluzione è per il momento demandata al “neutrale” Ministro dell’Economia Padoa Schioppa, che dell’Eni è il maggiore azionista.
Al di là delle prese di posizione di carattere ideologico che nulla hanno a che fare con la soluzione di un problema concreto, anche quest’ennesimo intoppo rimanda all’ibrido ed all’ambiguità del processo di privatizzazione dell’Eni, che ha lasciato persistere un ineliminabile conflitto di interessi tra Stato proprietario della quota maggioritaria della società petrolifera e Stato regolatore, il cui compito residuale dovrebbe essere limitato all’intervento volto ad assicurare parità di condizioni tra i concorrenti del gas, anche a costo di danneggiare una società quotata in borsa. La confusione aumenta quando si fa ricorso come criterio di decisione all’interesse pubblico o all’interesse nazionale. L’interesse pubblico può essere quello di togliere potere all’Eni, neutralizzando la rete di trasmissione e facendola terza rispetto ad altri concorrenti importatori di gas, riducendo così le rendite di monopolio. L’interesse nazionale resta invece quello di rafforzare l’Eni, di mantenere in mani italiane il controllo di una rete strategica ed impedire che cada, con provvedimenti affrettati di dismissione, nelle mani di società straniere, come la Gazprom russa che, già nostro principale fornitore di gas, arriverà presto a distribuire gas in Italia, sia pure per volumi ancora limitati. Vedremo cosa uscirà dal cilindro di Padoa Schioppa, se il Ministro e i suoi esperti riusciranno nell’intento di salvare e come i due interessi congiunti, pubblico e nazionale, in un settore sottoposto alla legislazione antitrust italiana ed europea. O se verrà rivisto e riciclato un qualche “piano Rovati” per le reti, magari affidandolo al responso delle solite banche d’affari interessate più agli aspetti finanziari che non alla congruità ed all’efficienza di gestione delle reti. Sarebbe però una vera iattura se la soluzione prescindesse da una considerazione globale del nostro futuro energetico, sempre più incerto per le mancate scelte di diversificazione degli anni passati.
Ammesso che il gas è e sarà la nostra principale fonte energetica per i prossimi decenni – e lo sarà anche se dovessero aumentare le fonti rinnovabili – non possiamo permetterci il lusso di sbagliare ancora una volta nelle decisioni riguardanti gli snodi principali dell’approvvigionamento energetico e delle infrastrutture di trasporto e di rigassificazione. Il destino di Snam Rete Gas dovrebbe essere deciso in tale quadro e in tale prospettiva. Siamo già in ritardo con i rigassificatori e non siamo in grado neppure di profittare del nostro vantaggio competitivo di disporre di centri di stoccaggio gas, già superiori a quelli dislocati in territorio europeo e ulteriormente ampliabili con nuovi investimenti. Abbiamo tutte le carte in regola per poter ambire alla costruzione di un nostro hub intercontinentale di smistamento gas per noi ed i Paesi vicini, ma nessuno ci pensa seriamente. I veti ambientalisti pesano come non mai. Non sono più i tempi in cui Enrico Mattei faceva porre i tubi dei primi gasdotti nel nord Italia di nascosto e di notte, per evitare le obiezioni e le proteste dei comuni attraversati. Se le opposizioni locali e ambientaliste impediscono o ritardano i rigassificatori, con quali chances possiamo pensare ad uno strategico hub del gas in territorio italiano? Eppure sarebbe un progetto di lunga gittata con ricadute positive in termini economici e di sicurezza. La Germania che ha una capacità di stoccaggio molto inferiore alla nostra ( 9,2 Gmc contro 13,4 Gmc) si è già candidata a fare nel suo territorio un centro di smistamento per il gas proveniente da Russia e Paesi del Nord Europa. E noi?
Negli stessi giorni in cui noi ci attardiamo alle prese con il problema della proprietà di Snam Rete Gas al World Economic Forum di Davos si discute di “petropolitica”, cioè dei nuovi equilibri della globalizzazione dipendenti in misura sempre più significativa dai rapporti di forza che premiano i Paesi ricchi di energia, a cominciare dalla Russia di Putin, a scapito dei Paesi consumatori, privi totalmente di proprie risorse, come l’Italia. E noi siamo lì assenti. Continuiamo invece nelle polemiche di casa nostra, prima con i rigassificatori che nessuno vuole, ora con le contrapposizioni tra “riformisti” e “statalisti” sul destino dei gasdotti nazionali. Andiamo avanti con strappi e ripensamenti senza una visione d’insieme che riguardi l’approvvigionamento delle fonti energetiche e le relative infrastrutture di trasporto.
Al di là delle prese di posizione di carattere ideologico che nulla hanno a che fare con la soluzione di un problema concreto, anche quest’ennesimo intoppo rimanda all’ibrido ed all’ambiguità del processo di privatizzazione dell’Eni, che ha lasciato persistere un ineliminabile conflitto di interessi tra Stato proprietario della quota maggioritaria della società petrolifera e Stato regolatore, il cui compito residuale dovrebbe essere limitato all’intervento volto ad assicurare parità di condizioni tra i concorrenti del gas, anche a costo di danneggiare una società quotata in borsa. La confusione aumenta quando si fa ricorso come criterio di decisione all’interesse pubblico o all’interesse nazionale. L’interesse pubblico può essere quello di togliere potere all’Eni, neutralizzando la rete di trasmissione e facendola terza rispetto ad altri concorrenti importatori di gas, riducendo così le rendite di monopolio. L’interesse nazionale resta invece quello di rafforzare l’Eni, di mantenere in mani italiane il controllo di una rete strategica ed impedire che cada, con provvedimenti affrettati di dismissione, nelle mani di società straniere, come la Gazprom russa che, già nostro principale fornitore di gas, arriverà presto a distribuire gas in Italia, sia pure per volumi ancora limitati. Vedremo cosa uscirà dal cilindro di Padoa Schioppa, se il Ministro e i suoi esperti riusciranno nell’intento di salvare e come i due interessi congiunti, pubblico e nazionale, in un settore sottoposto alla legislazione antitrust italiana ed europea. O se verrà rivisto e riciclato un qualche “piano Rovati” per le reti, magari affidandolo al responso delle solite banche d’affari interessate più agli aspetti finanziari che non alla congruità ed all’efficienza di gestione delle reti. Sarebbe però una vera iattura se la soluzione prescindesse da una considerazione globale del nostro futuro energetico, sempre più incerto per le mancate scelte di diversificazione degli anni passati.
Ammesso che il gas è e sarà la nostra principale fonte energetica per i prossimi decenni – e lo sarà anche se dovessero aumentare le fonti rinnovabili – non possiamo permetterci il lusso di sbagliare ancora una volta nelle decisioni riguardanti gli snodi principali dell’approvvigionamento energetico e delle infrastrutture di trasporto e di rigassificazione. Il destino di Snam Rete Gas dovrebbe essere deciso in tale quadro e in tale prospettiva. Siamo già in ritardo con i rigassificatori e non siamo in grado neppure di profittare del nostro vantaggio competitivo di disporre di centri di stoccaggio gas, già superiori a quelli dislocati in territorio europeo e ulteriormente ampliabili con nuovi investimenti. Abbiamo tutte le carte in regola per poter ambire alla costruzione di un nostro hub intercontinentale di smistamento gas per noi ed i Paesi vicini, ma nessuno ci pensa seriamente. I veti ambientalisti pesano come non mai. Non sono più i tempi in cui Enrico Mattei faceva porre i tubi dei primi gasdotti nel nord Italia di nascosto e di notte, per evitare le obiezioni e le proteste dei comuni attraversati. Se le opposizioni locali e ambientaliste impediscono o ritardano i rigassificatori, con quali chances possiamo pensare ad uno strategico hub del gas in territorio italiano? Eppure sarebbe un progetto di lunga gittata con ricadute positive in termini economici e di sicurezza. La Germania che ha una capacità di stoccaggio molto inferiore alla nostra ( 9,2 Gmc contro 13,4 Gmc) si è già candidata a fare nel suo territorio un centro di smistamento per il gas proveniente da Russia e Paesi del Nord Europa. E noi?
Negli stessi giorni in cui noi ci attardiamo alle prese con il problema della proprietà di Snam Rete Gas al World Economic Forum di Davos si discute di “petropolitica”, cioè dei nuovi equilibri della globalizzazione dipendenti in misura sempre più significativa dai rapporti di forza che premiano i Paesi ricchi di energia, a cominciare dalla Russia di Putin, a scapito dei Paesi consumatori, privi totalmente di proprie risorse, come l’Italia. E noi siamo lì assenti. Continuiamo invece nelle polemiche di casa nostra, prima con i rigassificatori che nessuno vuole, ora con le contrapposizioni tra “riformisti” e “statalisti” sul destino dei gasdotti nazionali. Andiamo avanti con strappi e ripensamenti senza una visione d’insieme che riguardi l’approvvigionamento delle fonti energetiche e le relative infrastrutture di trasporto.
L'EDITORIALE
DI TERZA REPUBBLICA
Terza Repubblica è il quotidiano online fondato e diretto da Enrico Cisnetto nato nel 2005 dall'esperienza di Società Aperta con l'obiettivo di creare uno spazio di commento indipendente e fuori dal coro sul contesto politico-economico del paese.