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Gli acquisti si rimandano al periodo dei saldi

Natale: un’occasione per liberalizzare

Da festa religiosa a festa dei consumi. Minimi, perché il mercato è soffocato dalle regole

di Davide Giacalone - 19 dicembre 2005

Una prima rilevazione natalizia, relativa alla città di Roma, dice che un sei per cento in più della popolazione passerà le vacanze all’estero, con netta preferenza per i Caraibi ed altre destinazioni esotiche, mentre nei negozi si registra un meno venti per cento delle vendite. Ciò dimostra, spannometricamente, che il problema non è (solo) quel che contiene il portafogli di ciascuno, che non è vero che dopo non essere arrivati a fine mese non si arriva nemmeno a fine anno, ma che i consumi ed i gusti cambiano.

Per i credenti il Natale è una ricorrenza religiosa, è una festa, perché commemora un lieto evento, ma il festeggiare non può che essere contenuto nella coerenza con la sacralità. Lo ha ricordato anche il Papa, ammonendo a non fare del Natale una festa dei consumi (già che c’era poteva estendere il concetto ed ammonire che nessuno dei sacramenti è una festa dei consumi, mentre oggi si salva solo l’estrema unzione). Il Natale religioso, però, non ha nulla a che vedere con gli abeti adornati e con Babbo Natale, che, invece, sono costumi di ceppo totalmente diverso, oramai divenuti globali. Lo sono al punto che anche gli ebrei festeggiano, senza, ovviamente, ricordare alcuna natività. Ed il Natale globale, il natale dell’omone rubizzo con la slitta colma di doni, è una festa dei consumi.

Se la brama del dono cogliesse solo i bambini, tutti ne saremmo felici e comperare il balocco contenente più elettronica del Lem ammarato sulla luna sarebbe un piacere. Ma la cosa assume dimensioni diverse, ed il fare e ricevere doni, mostrando ipocritamente di non voler far vedere d’essere delusi innanzi al “pensierino simbolico”, coinvolge tutti. E vabbe’. Però, in altre città ed in altri posti del mondo, la festa dei consumi si accompagna alla saggia politica dei negozianti, che l’accompagnano e moltiplicano avviando le svendite. Da noi, invece, avviene il contrario: ciascun negoziante non è libero di fare la svendita quando gli pare, anche questi tempi sono regolamentati e si è stabilito che solo una volta passate le feste, solo una volta rientrata, per i più tradizionalisti, la Befana, solo allora si possono iniziare i saldi. Il che, a pensarci bene, è il colmo dell’idiozia.

Il mercato, i consumatori, quest’idiozia l’avvertono, quindi consumano più viaggi all’estero (portando altrove la loro voglia di spendere) e rimandano a metà gennaio l’acquisto del cappotto. Poi, magari, neanche lo comperano più, perché non c’è più la frenesia dei regali, quello di due anni fa va ancora benissimo (quelli di una volta duravano decenni), fra poco si torna al caldo e, comunque, avendo passato il Natale in mutande sembra una regressione provvedere al piumino.

Anche Natale, quindi, sta lì a dirci che il nostro mercato interno ha troppe regole, e che le regole, quando divengono troppe, sono sempre sbagliate. Anche il Natale ci dice che avere polizie urbane pronte a multare il commerciante che anticipa le svendite, passando innanzi all’ambulante che vende i falsi, è sintomo del rintontimento nel quale ci crogioliamo.

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