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E dopo la monnezza, arriva la “diossinazzarella”

“Napule è mille culure”

Il disastro è la rassegnazione. Il lasciare che i drammi passino senza essere stati risolti

di Davide Giacalone - 26 marzo 2008

Non prendiamoci in giro, non facciamo finta di credere che la Corea del Sud, il Giappone ed i cinesi di Taiwan siano l’unico (si fa per dire) problema dello sputtanamento globale cui ci ha esposto lo scandalo della spazzatura. Ci sono responsabilità che arrivano fino al Quirinale e danni che pagheranno tutti gli italiani. Il caso della mozzarella alla diossina sarà superato, magari esportando la “diossinazzarella”, così come, con ironia amara, i bancarellari napoletani reagirono all’epidemia di colera vendendo i frutti di mare sotto l’insegna “o vibbrione” (si chiamò così anche una pizzeria, a Londra!). Ma il veleno continuerà a circolare nelle nostre vene nazionali.

Quel che è successo, e succede, nel dramma della spazzatura ha a che vedere con una politica a cavallo fra delinquenza ed incapacità, fra rapporti con la camorra e desiderio d’arricchimento personale. Qui, invece, si fa ancora finta di credere che sia una realtà immanente di quelle zone, o magari del sud in generale (sbagliando alla grande), magari legata all’anima pigra degli autoctoni. Qui si fa finta di credere che ci sia una speculazione politica, talché scende D’Alema a metter la faccia sulla campagna bassoliniana. Invece si tratta di uno Stato senza sovranità territoriale, di una resa all’antistato. Resa propiziata da politici miserabili ed una cultura insipiente, incapace di ribellione, d’opposizione civile.

Del resto, il campione della napoletanità che s’accoda ai potenti, ma mantiene un briciolo di critica, perché non si sa mai, il simbolo di chi non ha proferito verbo nel mentre quella che fu una capitale affondava nei propri rifiuti, il compagno di partito di chi ha condotto l’estrema corsa al disonore, l’abbiamo eletto Presidente della Repubblica. E, coerentemente, se n’è andato in vacanza, prima a Capri e poi nella villa blindata e principesca, nel mentre Napoli s’inabissava.

La diossina è una quisquiglia, forse anche tonificante. Il disastro è la rassegnazione, il lasciare che i drammi passino di moda, senza essere stati risolti, l’adagiarsi sul silenzio mai interrotto da parole forti e razionali, ma da strilli scomposti ed inutili. Della diossina si sono accorti i coreani, ma è tutto il resto del mondo che assiste allo spettacolo. Era il copione sudamericano di un tempo: caos, criminalità e partiti con nomi sempre nuovi e fantasiosi.

Pubblicato su Libero di mercoledì 26 marzo

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