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“Più sicurezza e giustizia più veloce”

Napolitano eviti il ridicolo

E’ ora che anche i giudici paghino per gli errori commessi

di Davide Giacalone - 18 marzo 2008

Il Presidente della Repubblica scrive al presidente del Consiglio Superiore della Magistratura, che è sempre lui, Napolitano, e si dice che fatti del genere non devono più accadere. Allora, legga quel che segue e cerchiamo di non renderci tutti intollerabilmente ridicoli. Anche perché quei “fatti” sono l’assoluta normalità.

Il fatto: dei tali sono accusati d’essere mafiosi, vengono processati e quello giudicato più colpevole becca una condanna a ventisette anni di carcere, dopo otto anni il giudice che li condannò non ha ancora scritto le motivazioni, ragione per la quale i condannati sono tutti liberi, per giunta da presunti innocenti. Il Csm intervenne una prima volta, trascorso già molto tempo, e condannò il giudice nullafacente alla terribile pena di una diminuzione biennale dell’anzianità.

Quello fece spallucce e se ne fregò. Il Csm tornò a processarlo, questa volta condannandolo a ben due mesi di perdita d’anzianità. Severissimi, i colleghi! Napolitano, appunto, che li presiede, dice che così non si fa. Ed invece, caro Presidente, le comunichiamo che si fa sempre così. Anzi, sono pronto ad accettare scommesse che le motivazioni depositate entro i termini di legge sono una percentuale infima, e forze zero.

La legge parla chiaro: le motivazioni vanno redatte immediatamente dopo il dispositivo, lo stesso giorno; se proprio non ci si riesce si devono depositare entro un mese, e se proprio è difficilissimo, come eccezione assoluta, tale termine è di tre mesi. Solo che sono tutti termini “ordinatori”, e tradotto dal giuridichese all’italiano significa che non contano un accidente. I termini che il cittadino deve rispettare sono “perentori”, altrimenti lo puniscono, quelli dei magistrati sono “ordinatori”, e ci vediamo al bar. Napolitano risparmi sul francobollo e s’informi.

Rimedi? Eccoli: 1. tutti i termini devono essere perentori; 2. i magistrati che li violano devono essere puniti; 3. chi li viola ripetutamente deve essere buttato fuori dalla magistratura; 4. e siccome i ritardi creano denegata giustizia, di cui l’imputato può chiedere d’essere risarcito, paghi non lo Stato, con le mie tasse, ma il magistrato colpevole, con il suo stipendio.

Nei programmi elettorali trovate parole al vento: “più sicurezza e giustizia più veloce”. Noi indichiamo anche il come.

Pubblicato su Libero di martedì 18 marzo

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