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Tangenti e tangenti

Moralismo tangenziale

Nessun sistema è perfetto e una zona grigia esiste sempre. L’importante è che tutto non viva nel grigiore del moralismo senza etica e senza faccia.

di Davide Giacalone - 15 febbraio 2013

Le tangenti non possono essere tollerate, se per tali s’intendono i pagamenti a un pubblico ufficiale affinché tradisca la legge e l’imparzialità. Ma se chiamiamo “tangenti” le percentuali pagate per le intermediazioni, ovvero il pagamento di quei mediatori che accendono e curano un affare, lavorando perché vada a buon fine, negarle e condannarle è da ipocriti. È in quel modo che funzionano molti settori, in tutto il mondo. Non accedervi serve solo a tagliarsi fuori.

È un costume non solo consueto, ma legale. I soldi non girano a mazzette, ma con fatture e bonifici. Per chi paga sono tracciati, poi non è affar suo. Però, attenti a non essere ipocriti al contrario: la forma deve essere anche sostanza. Se pago un mediatore, foss’anche perché conoscitore di uomini e cose, non c’è nulla di male. Purché sia vero e non fittizio. Gli statunitensi ti fanno anche firmare un contratto, dove dichiari che per l’adempimento del compito che ti è stato affidato non corromperai nessuno e non commetterai reati. Se, però, una parte dei soldi pagati per la mediazione sono con l’elastico, nel senso che tornano indietro, a beneficio non della società che li ha pagati, ma di chi l’amministra o di chi gli è amico, allora siamo nel campo della delinquenza.

Nei sistemi che funzionano, e che conoscono i mercati, apprezzandoli, quei pagamenti sono pane quotidiano. Le retrocessioni, invece, sono considerate sufficienti per mandarti in galera. Non in custodia cautelare, ma dopo regolare processo e meritata condanna. Nessun sistema è perfetto e una zona grigia esiste sempre. L’importante è che tutto non viva nel grigiore del moralismo senza etica e senza faccia. Talché lo scandalo esiste non per il fatto, ma a secondo di chi, o quando, lo mette in atto.

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