Perché è pericoloso gridare al miracolo
Monti e Mandrake
Il "governo tecnico" rischia di smembrare definitivamente Pd e Pdldi Davide Giacalone - 11 novembre 2011
Guai a credere che un governo Monti possa essere un gaio o un rimedio in sé. Guai a usare la “risposta dei mercati” al posto della testa. Guai a credere che possa giovare all’economia quel che danneggia le istituzioni. E’ un passaggio molto delicato, quello cui ci apprestiamo. Richiede, da parte di tutti (nessuno escluso), consapevolezza dei rischi e comportamenti assennati.
Se comincio dicendo che il governo Monti s’annuncia con un irricucibile sbrego costituzionale, quindi, non è per bollarlo d’infamia, ma perché sia chiaro che è stata messa in gioco la regola fondamentale della Repubblica. Non è roba da poco. Il governo Berlusconi era ancora in carica, quando un gesto del Quirinale (la nomina di Mario Monti a senatore a vita, come Carlo Azelio Ciampi aveva nominato senatore a vita Giorgio Napolitano) ha annunciato l’avvio del governo successivo. Silvio Berlusconi aveva introdotto la novità delle dimissioni annunciate e posticipate, dal Colle è giunto l’accoglimento preventivo e l’incarico annunciato. Il tutto nei confronti di un esecutivo che il Parlamento non ha sfiduciato. Ciò non toglie che il governo sia finito, e lo è già da (troppo) tempo, ma attenti a non esaurire anche il tessuto costituzionale.
La partita che si giocherà, quella vera, non ha nulla di tecnico. L’asse franco-tedesco si è spezzato. La Germania difende il vecchio ruolo della Bce e pretende che chi finisce sotto i colpi della speculazione (a causa di come è strutturato l’euro) prenda le botte e paghi le cure. La Francia, il cui presidente è fuori di testa, agisce spingendo l’alluvione verso i canali altrui, posto che i propri argini non resisterebbero un attimo (le loro banche sono in bilico). Non solo non si devono prendere ordini da loro, non solo non si possono avere perché contraddittori, ma il dilemma consiste nell’accettare o meno l’aiuto del Fondo monetario internazionale. In caso di risposta positiva l’euro, quale moneta sovrana, cola a picco con la sovranità degli stati.
La speranza che arrivi Mandrake e faccia sparire il problema, sebbene arrecando dolore, è priva di fondamento. Quando il governo Monti s’avvierà a prendere forma esisteranno due possibilità. La prima: i due poli si spappolano, Lega, Di Pietro e Vendola vanno per i fatti loro, mentre i due partiti più grossi, o quel che resta di loro, votano la fiducia. In questo caso il governo è nella pienezza dei poteri e dotato di peso politico. Perché questo, però, non sia un mero suicidio di chi lo vota occorre che Pdl e Pd abbiano raggiunto l’accordo su due cose: a. si vota nel 2013; b. si cambia il sistema elettorale, e non nel senso che sarà imposto dal referendum. In caso contrario anziché i grossi partiti tagliare le estreme, come sarebbe opportuno, saranno le estreme a sventrare i grossi partiti. Fuggono i miracolati, ma anche gli elettori. La seconda possibilità è che il governo Monti nasca giurando (come prevede la Costituzione), ma non riceva la fiducia. La morta seconda Repubblica si concede un supplemento di vita e i poli restano in piedi per le elezioni, che si fanno subito. In questo caso il governo provvisorio, forte dell’avere ricevuto il mandato esclusivamente dal Quirinale, eserciterà i suoi poteri esclusivamente con i decreti legge, senza trovare ostacoli all’emanazione (tutti i distinguo di ieri andranno al macero). Ciò significa che una volta terminate le elezioni la nuova maggioranza, di qualsiasi colore sia, potrà fare una sola cosa: convertire quei decreti in legge.
La prima possibilità è virtuosa, la seconda estremamente rischiosa. Le tifoserie si fanno le boccacce, cercando d’irritarsi. E’ irrilevante. Quel che preme qui sottolineare è che la scelta fra default economico e default costituzionale presuppone la sicura sconfitta. Comunque. La democrazia, e le sue regole, non è un ingombro, ma la più potente arma nelle nostre mani.
La speranza che arrivi Mandrake e faccia sparire il problema, sebbene arrecando dolore, è priva di fondamento. Quando il governo Monti s’avvierà a prendere forma esisteranno due possibilità. La prima: i due poli si spappolano, Lega, Di Pietro e Vendola vanno per i fatti loro, mentre i due partiti più grossi, o quel che resta di loro, votano la fiducia. In questo caso il governo è nella pienezza dei poteri e dotato di peso politico. Perché questo, però, non sia un mero suicidio di chi lo vota occorre che Pdl e Pd abbiano raggiunto l’accordo su due cose: a. si vota nel 2013; b. si cambia il sistema elettorale, e non nel senso che sarà imposto dal referendum. In caso contrario anziché i grossi partiti tagliare le estreme, come sarebbe opportuno, saranno le estreme a sventrare i grossi partiti. Fuggono i miracolati, ma anche gli elettori. La seconda possibilità è che il governo Monti nasca giurando (come prevede la Costituzione), ma non riceva la fiducia. La morta seconda Repubblica si concede un supplemento di vita e i poli restano in piedi per le elezioni, che si fanno subito. In questo caso il governo provvisorio, forte dell’avere ricevuto il mandato esclusivamente dal Quirinale, eserciterà i suoi poteri esclusivamente con i decreti legge, senza trovare ostacoli all’emanazione (tutti i distinguo di ieri andranno al macero). Ciò significa che una volta terminate le elezioni la nuova maggioranza, di qualsiasi colore sia, potrà fare una sola cosa: convertire quei decreti in legge.
La prima possibilità è virtuosa, la seconda estremamente rischiosa. Le tifoserie si fanno le boccacce, cercando d’irritarsi. E’ irrilevante. Quel che preme qui sottolineare è che la scelta fra default economico e default costituzionale presuppone la sicura sconfitta. Comunque. La democrazia, e le sue regole, non è un ingombro, ma la più potente arma nelle nostre mani.
L'EDITORIALE
DI TERZA REPUBBLICA
Terza Repubblica è il quotidiano online fondato e diretto da Enrico Cisnetto nato nel 2005 dall'esperienza di Società Aperta con l'obiettivo di creare uno spazio di commento indipendente e fuori dal coro sul contesto politico-economico del paese.