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La nuova manovra non la può fare Berlusconi

Moderati uniti al voto

È ora che il “Polo per l’Italia” giochi la sua partita

di Enrico Cisnetto - 14 febbraio 2011

Ora basta, la corda si è rotta. Il caos politico e il conflitto istituzionale hanno creato un tale cortocircuito (la definizione è presa a prestito dall’amico Stefano Folli) che a questo punto rende non solo inevitabile, ma opportuno, lo sbocco elettorale. Sia il presidente della Repubblica a decidere il come e il quando, ma si dica chiaramente, qui e ora, che – purtroppo – non resta altro da fare.

Purtroppo, perché è fin troppo evidente che di tutto meno che di una campagna elettorale ha bisogno un paese in declino strutturale e per di più alle prese con una congiuntura che coniuga la necessità di ulteriore interventi di risanamento della finanza pubblica – così ci chiederà di fare l’Europa, già a marzo o aprile – con l’urgenza di sostenere un’uscita dalla recessione ancora fragile e comunque di tono minore rispetto alla ripresa degli altri paesi di Eurolandia. Ma ancor meno ha bisogno di ceder prolungata una già lunghissima stagione di veleni e conflitti come quella che stiamo vivendo ormai da quasi un anno. Che non accenna a diminuire, anzi che ogni giorno ci riserva nuovi episodi destinati a mortificare le speranze di cambiamento dei cittadini. E siccome all’orizzonte si profila il rischio che la prossima puntata dell’inguardabile telenovela riguardi direttamente l’economia – con il premier sempre più autistico nei (soliti) panni di chi si sente vittima delle macchinazioni altrui, e il ministro Tremonti sul banco degli accusati, buon ultimo dopo i tanti con cui Berlusconi ha rotto alleanze e relazioni personali, che per difendersi farà giustamente ricorso agli altri membri del club dell’euro, che a lui da tempo guardano come referente – sarà bene evitare che tutto ciò accada.

Detto questo, occorre lavorare perché il voto risolva e non aggravi il problema. Perché deve essere chiaro che se si dovesse andare alle urne domattina con l’attuale legge elettorale, l’esito più probabile sarebbe la Camera ad appannaggio del centro-destra e il Senato privo di una maggioranza definita. Il che potrebbe avere come conseguenza la definitiva chiusura della presenza in politica del Cavaliere, ma aprirebbe una fase convulsa, o meglio prolungherebbe l’attuale situazione di stallo. A meno che già prima di andare al voto o nel corso della campagna elettorale e subito dopo le forze moderate e quelle riformatrici dei diversi schieramenti siano state capaci di trovare non solo un dialogo – che è il minimo – ma una piattaforma comune.

E qui la responsabilità maggiore deve avere il coraggio di assumerla il “Polo per l’Italia”. E’ la sua partita, il suo ruolo naturale. Ed è anche l’unico modo di dimostrare, nei fatti, che non di terzo soggetto del bipolarismo traballante si tratta – aggiuntivo e anche un po’ straccione – ma di nuovo polo capace di aggregare tutte quelle forze che vogliono un sistema politico più coeso e condividente. Ma quale può essere la tela da tessere? Di sicuro non quella, banale e per certi versi persino controproducente, del “fronte antiberlusconiano”. Anzi, semmai in quel fronte vanno cercate interlocuzioni, a cominciare dallo stesso Tremonti. Il quale ha bisogno di non dipendere esclusivamente da Bossi, e dunque dovrebbe avere tutto l’interesse ad aprire un dialogo (cosa che peraltro ha già fatto con D’Alema).

No, il passaggio che occorre fare è metodologico: partire dai contenuti. Il “Polo per l’Italia” esca dunque dalla generica affermazione di terzietà che finora l’ha caratterizzato, e prepari un programma di governo, coinvolgendo la società civile, intorno al quale raccogliere non solo il consenso alle elezioni ma l’interesse di altre forze e di altri interlocutori. Ma ci sono le condizioni per far fare questo salto di qualità al nuovo polo? I dubbi non mancano. Da un lato ci sono i tormenti con cui si apre la convention fondativa del Fli, la cui unica buona idea alla vigilia è stata quella di togliere dal simbolo il nome di Fini. C’è ambiguità intorno al doppio ruolo del presidente della Camera – parlo di opportunità politica, sia chiaro – ci sono troppi esponenti con la valigia in mano che non si capisce se arrivano o se partono, non c’è chiarezza sulle scelte di fondo come si evince dalla sortita di una persona seria come Campi. Per dirne una, la più dirimente: il Fli è bipolarista o no? Io francamente non l’ho ancora capito, e dagli esponenti politici di quel fronte ottengo risposte le più diverse, a conferma di una mancanza di idee condivise. Il rischio che l’unico collante sia e resti l’avversione a Berlusconi è alto, e sarebbe un disastro che il Fli diventasse l’Idv dislocato a destra. Su questo, e anche su altro, Rutelli ha scritto parole condivisibili sul Corriere della Sera di giovedì.

Ma se quelle “cinque riflessioni” rappresentano un buon punto di partenza, ben altra benzina bisogna mettere nel motore di ciò che erroneamente si continua a chiamare “terzo polo” (sbaglio che ha fatto lo stesso Corriere nel titolare Rutelli). A mettercene di più e di migliore qualità è lecito attendersi sia Casini, al quale le forze laiche delle diverse diaspore e della società civile debbono chiedere di far propria, ora e una volta per tutte, l’idea di fare del “Polo per l’Italia” un soggetto politico federativo, capace di cementare intorno ad un programma di governo – da cui vanno escluse le questioni di natura etica, che devono essere regolate esclusivamente in sede parlamentare, lasciando ai singoli di agire secondo le loro coscienze e convinzioni culturali – i moderati e i riformisti, laici non laicisti e cattolici non clericali.

Un aggregazione di forze che erediti di fatto il voto e lo spazio politico che fu del centro-sinistra della Prima Repubblica, e che abbia come obiettivo il passaggio da un sistema politico ibrido come quello attuale – un maggioritario senza precedenti e senza uguali (chi prende un voto di più ha la maggioranza assoluta dei seggi) e un presidenzialismo strisciante di stampo populista – ad un sistema più maturo ed europeo. Cioè un sistema politico multipolare, figlio di una legge elettorale che abbini la rappresentanza (proporzionale) con la semplificazione (sbarramento e diritto di tribuna), e che a sua volta trovi la consacrazione in un quadro istituzionale conseguente e condiviso.

Dico questo, che potrebbe sembrare ovvio per un’aggregazione di forze che si definiscono estranee ai due poli esistenti, perché pur avendo l’Udc fatto sostanzialmente proprio questo percorso, nel cammino verso questa strada s’intravedono non poche contraddizioni e non poche esitazioni. Contraddizioni ed esitazioni che vanno subito superate, perché il tempo è poco. Anzi è già bello che scaduto.

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Terza Repubblica è il quotidiano online fondato e diretto da Enrico Cisnetto nato nel 2005 dall'esperienza di Società Aperta con l'obiettivo di creare uno spazio di commento indipendente e fuori dal coro sul contesto politico-economico del paese.