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Un rinnovamento come antidoto al declino

Mistica e sacralità costituzionali

La nostra legge fondamentale sta compiendo sessant’anni. E si vede lontano un miglio

di Angelo Romano - 28 aprile 2006

Il 25 aprile Bertinotti, Rizzo, Dario Fo hanno affermato la “sacralità della Costituzione e la sua intangibilità, approfittando anche di un’affermazione del Presidente Ciampi che aveva definito, nel suo discorso per la ricorrenza della Liberazione, la Carta costituzionale come la “Bibbia civile” che ha orientato i suoi comportamenti istituzionali. E’ chiaro che il senso e la portata delle dichiarazioni è molto diversa. Comprensibile, sia pure con qualche dubbio sull’accostamento biblico, quella del Presidente della Repubblica, la cui funzione specifica è proprio quella di garante della Costituzione, assolutamente improprie quelle dei rappresentanti della sinistra radicale. Le costituzioni non hanno nulla di sacro, non contengono la parola di Dio, sono soltanto lo strumento che un popolo liberamente si da – o che un monarca concede ai suoi sudditi – per fissare valori e principi condivisi, diritti e doveri dei cittadini, quadro dei poteri e le regole fondamentali per il miglior funzionamento di una determinata società. Solo uno strumento quindi, sia pure fondamentale. E qualunque strumento, soprattutto se giuridico, per conservare efficacia, deve assere adattato ai tempi che cambiano, ai valori che evolvono, ai bisogni sociali che mutano, ai diritti e doveri che maturano e si rinnovano, ai meccanismi istituzionali che nel tempo si usurano, rischiando di diventare un freno per lo sviluppo ed il progresso sociale. La Costituzione italiana è ormai vecchia di quasi 60 anni e, per quanto siano stati lungimiranti i Costituenti dell’epoca, c’è la necessità di rinnovarla, di rinverdirla, affinché possa offrire una spinta alla modernizzazione del Paese ed un antidoto al suo declino.
Per toccare con mano una prova provata della funzione propulsiva, sociale ed economica, che può svolgere una costituzione basta soffermarsi ad analizzare le ragioni dello stupefacente balzo in avanti, in ogni settore, che ha compiuto la Spagna negli ultimi venti anni. Tali ragioni risiedono, in buona misura, nella Costituzione del ’78. Questa, pur essendo anche strumento di compromesso per una transizione morbida da dittatura a democrazia, nel registrare puntualmente le aspirazioni collettive in relazione ai tempi, ha consentito al popolo spagnolo di liberare al meglio le sue energie, di valorizzare le sue proprie risorse, compresse negli anni del franchismo. Senza quella specifica costituzione, moderna e liberale, la Spagna non sarebbe oggi il Paese europeo con il più alto tasso di sviluppo. L’Italia, per arginare il declino strisciante che la minaccia, per dare al suo popolo una migliore prospettiva, non può non mettere mano ad una revisione delle regole ed anche dei principi fondanti. Il consolidarsi di realtà sopranazionali, quali l’Unione Europea, una nuova coscienza ambientale, il ruolo della concorrenza e dei liberi mercati, le sfide della globalizzazione, i progressi tecnologici, la rivoluzione digitale, la società dell’informazione, della comunicazione e della conoscenza, il crollo delle ideologie, la colonizzazione dello spazio diventata realtà a portata di mano, l’accrescuito rispetto verso la biodiversità ed il pluralismo delle identità, una migliore percezione della interdipendenza dei popoli, hanno profondamente cambiato, negli ultimi decenni, i quadri di riferimento, i valori condivisi, le regole del vivere, gli scenari prospettici su base planetaria. Le costituzioni non possono non registrare questi cambiamenti, non possono non adeguarsi, pena la perdita di competitività e di ruolo dei popoli sulla scena della storia. Sbaglia, quindi, chi ritiene “sacre” ed intoccabile la carta costituzionale, non ha a cuore il futuro del popolo.

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