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Da Jader Jacobelli a Clemente Mimun

Metamorfosi mediatiche e politiche

Il nuovo proporzionale ha modificato il ruolo delle tribune televisive e delle istituzioni

di Antonio Gesualdi - 16 marzo 2006

Sono tornate le tribune elettorali. E sono tornate all"italiana, altro che all"americana, e persino il giornalista-moderatore ha le caratteristiche all"italiana: quello di oggi si chiama Clemente J. Mimun, ieri si chiamava Jader Jacobelli. Sempre nomi e cognomi particolari.
Alle tribune elettorali Jacobelli ci restò per oltre 20 anni e seppe risolvere bene anche il Marco Pannella che si presentò imbavagliato restando muto per tutti i dieci minuti che gli erano concessi dalle regole. Se l"avesse fatto il Berlusconi l"altro ieri ne staremmo ancora parlando come una grande trovata di genio.
Come tutti coloro che si intendono di televisione Jacobelli, alla fine, aveva capito che non è tanto l"uso che si fa della televisione a renderla più o meno pericolosa, ma il fatto stesso che sia televisione: un oggetto comodissimo, a portata di divano di casa e di telecomando. Sinceramente dopo il dibattito Prodi-Berlusconi ho avuto l"impressione che anche Mimun si fosse reso conto che fare il marcatempi è un mestiere tanto quanto quello dell"operatore dell"informazione. La televisione, indubbiamente, sta tornando a cedere il potere politico, del quale impropriamente si era appropriata durante questa seconda Repubblica, e fingendo di fare passi avanti (il dibattito all"americana) torna a fare notevoli passi indietro (la tribuna elettorale).
Il sistema è cambiato. L"alternanza tra due partiti, moderati, programmatici, rassicuranti è un figurino costituzionale che si insegna in ogni primo corso di scienza politica che poi, docenti coscienziosi, si affrettano a mostrare agli studenti come inesistenti nella realtà. Noi italiani abbiamo dovuto o voluto credere che un sistema maggioritario sporco, un presidenzialismo da commedia e un bipolarismo brancaleone potessero portarci verso una democrazia efficiente. Di fatto era stato svuotato il potere dei partiti per riempire il potere degli eletti. In questi anni hanno comandato e deciso le singole segreterie di tizio o di caio, i singoli sindaci e qualche assessore sodale, i singoli governatori (che governatori non sono mai stati e non lo sono!) con le loro consorterie. Nessuna mediazione con la scusa che il potere al singolo veniva, direttamente, dagli elettori.
Il Parlamento è stato svuotato di senso perché ogni deputato o senatore, essendo eletto in un collegio, si è sentito svincolato da un qualsiasi progetto (di partito) nazionale. Gli uffici e i dipartimenti della Presidenza del Consiglio sono lievitati a dismisura. I mezzi di comunicazione di massa, in primis la televisione, l"han fatta da padroni (irresponsabili, perché nessuno vota i giornalisti!), anche perché ogni candidato aveva bisogno di propria visibilità. Si finiva per candidare non chi praticasse la politica, ma chi fosse popolare per mestiere: attori, giornalisti televisivi, presentatori, ballerine, spogliarelliste...
La nuova legge elettorale (pasticciona quanto si vuole, ma prima chi li sceglieva i candidati?) ha spuntato le armi alla televisione e ai mezzi di comunicazione e rifatto le unghie ai partiti. Forse l"editoriale del direttore del Corriere della Sera sta anche in questa logica: il potere sta tornando alla politica. Il 90% dei parlamentari, oggi, è già deciso e, soprattutto, non serve più "apparire" in televisione o sui giornali se non per fare testimonianza di simbolo e per obbligo di leadership. Ecco perché sono tornate le tribune politiche con le loro vecchie regolette che un Berlusconi da seconda Repubblica non ha ancora metabolizzato.
E" tornata la Politica delle organizzazioni.
A questa Politica ora possiamo chiedere di ripartire dalla fonte primaria: l"Assemblea Costituente che apra un dialogo a tutto campo e metta le basi per affrontare il terzo millennio, permetta la nascita di un terzo polo per costruire una terza Repubblica moderna, avanzata ed efficiente. A prescindere dal destino dei singoli. E non per questo si è meno liberali.

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