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L’Anniversario della morte del giurista bolognese

Marco Biagi, eroe della porta accanto

Il professore vittima dei conflitti sociali. A sinistra imparino dal Capo dello Stato

di Alessandra Servidori e Giuliano Cazzola - 19 marzo 2007

Tante sono le celebrazioni e le iniziative per ricordare il V Anniversario dell’assassinio di Marco Biagi. A Roma, la scorsa settimana, alla presenza del Presidente del Senato Franco Marini; a Bologna, ieri, con la consegna del Premio intestato al giurista promosso da Il Resto del Carlino, con le cerimonia in Consiglio comunale e nel Centro socialista, con le messe in suffragio; a Modena presso la Fondazione con un autorevole convegno internazionale.

Sulla legge intitolata al suo nome, il miglior omaggio all’opera dell’amico Marco lo ha reso il recente Monitoraggio sull’occupazione del 2006, curato dal Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale (guidato da un galantuomo come Cesare Damiano) dove sta scritto che “il mercato del lavoro negli ultimi anni è stato caratterizzato da un’espansione dell’occupazione pur in presenza di una crescita economica scarsa o nulla”; e si aggiunge, subito dopo, che tali segnali di espansione della base occupazionale “si sono intensificati nella seconda metà del 2005 e nel corso del 2006, allorché anche la crescita economica è tornata su valori positivi”. Il medesimo monitoraggio del Ministero del lavoro prosegue segnalando che “continua a manifestarsi una estensione del lavoro non standard che, come solitamente accade nella fasi espansive, è il primo a reagire alla crescita della domanda”.

Quest’ultima osservazione è molto significativa, in quanto ammette che la scelta da parte delle imprese di rapporti di “lavoro non standard” risponde all’esigenza di fornire risposte immediate a picchi di produzione di cui non si è ancora in grado di apprezzare la portata di carattere strutturale.br Ciò induce a concludere ragionevolmente che l’avere a disposizione strumenti contrattuali flessibili ha consentito alle imprese di esporsi nella conquista di spazi di mercato in contesti congiunturali assai problematici. Se le stesse aziende fossero state costrette – da un mercato del lavoro rigido e vincolistico – a caricarsi di manodopera stabile per soddisfare incrementi non stabili di produzione, probabilmente non si sarebbero mai azzardate a compiere il passo. Così, l’occupazione non sarebbe cresciuta, quantomeno nel mercato del lavoro regolare.

In conclusione, le imprese, negli anni del “fermo” dell’economia, non avrebbero proceduto ad assunzioni – come invece è avvenuto – se non avessero potuto avvalersi della legislazione che, dal 1997 al 2003, ha assicurato un maggiore dinamismo del nostro mercato del lavoro e, conseguentemente, ha favorito la crescita economica. Certo: che esistano dei problemi, anche gravi, è a tutti evidente; ma sarebbe sbagliato (e smentito dai dati di fatto) sostenere che il mercato del lavoro italiano somiglia ad “una notte in cui tutte le vacche sono nere”.

Purtroppo Marco Biagi si trovò nel mezzo di un aspro conflitto sociale. E, suo malgrado, diventò una vittima di quei processi d’identificazione che – sono parole del Presidente Napolitano - non devono più essere permessi. Nell"ombra lavorano, infatti, forze oscure alla ricerca di simboli, perchè credono di poter fermare il corso della storia uccidendo le persone. In questo modo i terroristi dimostrano non solo di essere dei criminali vili (capaci unicamente di sparare a persone inermi), ma anche degli stupidi, accecati da un livore bieco. Giustamente, Olga D’Antona, commemorando il marito, chiese agli assassini di Massimo in quale caverna fossero vissuti fino a quel momento per non accorgersi di quanto fosse cambiata la situazione del Paese. Pensare, infatti, che in Italia vi siano sacche di lavoro precario per colpa di Marco Biagi e della legge n. 30 del 2003 è come attribuire al meteorologo la responsabilità di una giornata di pioggia. In qualità di consulente dei ministri del Lavoro il professore bolognese rielaborò proposte e iniziative che, negli ultimi anni, sono state attuate nella stragrande maggioranza dei Paesi sviluppati, perchè rispondono - non già al capriccio di un governo ostile o ai disegni perversi delle forze della reazione in agguato - ma a tentativi complessi di dare risposte a precise ed ineludibili esigenze dell"economia, della produzione e dell"organizzazione del lavoro.

La vicenda di Marco Biagi è del tutto simile a quella di Ezio Tarantelli, il quale – al pari del ragazzo che denunciò quelle nudità del sovrano che tutti fingevano di vedere completamente vestito - riconobbe esplicitamente che la sulle retribuzioni era una delle principali cause dell"inflazione a due cifre, la quale, prima ancora dell"economia, devastava le buste paga dei lavoratori. Era una verità talmente evidente che nessun economista onesto avrebbe mai potuto smentire. E che oggi è accettata da tutti. Tarantelli e Biagi erano persone orientate a sinistra e furono i primi a stupirsi e a dolersi dell"ostracismo di quella parte politica a cui sentivano di appartenere.

Ecco perché è importante che sia un presidente della Repubblica come Giorgio Napolitano a rendere omaggio al giurista bolognese, incontrando Marina Orlandi Biagi, la donna che – con un riserbo pari soltanto ad un’infinita energia e ad una caparbia determinazione – è riuscita a continuare, con l’aiuto di Michele Tiraboschi e degli amici, l’opera del marito nella Fondazione modenese a lui dedicata. Ecco perché Marco Biagi non è morto del tutto. Solo chi non lascia nulla agli altri muore davvero. Il nostro indimenticabile amico ha consegnato a noi tutti un messaggio ed un insegnamento. Ci ha incaricati - col suo sacrificio nel fiore degli anni, nella piena maturità umana e culturale - di una missione e di un mandato che si rinnovano e si fortificano col passare del tempo e nel crescere delle istituzioni che coltivano la memoria di un Grande Italiano, di un eroe della porta accanto.

Pubblicato su l"Avanti di lunedi 19 marzo

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