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I dibattiti europei e i ritardi di quelli italiani

Malato è il sistema, non noi

Altro che destra-sinistra. La questione è come uscire dalla crisi con questa classe dirigente

di Elio Di Caprio - 01 marzo 2007

Pietro Ingrao “voleva la luna” già dagli anni "30-40, quando si apprestava al grande salto dal fascismo al comunismo e si ritrova in vecchiaia a fare i conti con Silvio Berlusconi dominus della politica italiana da ben 13 anni e non è finita. Marco Follini, più modestamente, fa il grande salto del 2007 dal centrosinistra al centrodestra per gettare il suo sasso nello stagno, ma non riesce a sparigliare un gioco che è in mano ad altri. Non è che abbiano ragione i mass media inglesi quando parlano di una sorta di “malattia psicologica” specifica degli italiani tutti? Destra e sinistra in Italia hanno un valore e un significato diversi rispetto agli altri Paesi Europei? Se persino il magazine inglese Prospect si interroga su cosa voglia dire oggi destra e sinistra, ospitando un dibattito politico-filosofico in proposito, vuol dire che questo non è solo un problema italiano, ma europeo che va oltre le beghe di casa nostra e gli interrogativi correnti riguardanti il nostro bipolarismo disfatto su un crinale destra-sinistra che regge e spiega poco nel 2007. Se è vero che siamo oltre le ideologie, come tutti gli altri in Europa, è anche vero che non siamo andati abbastanza oltre il vissuto politico tradizionale di destra e sinistra per accettare serenamente un cambiamento di prospettiva. Non per niente riusciamo ancora ad accapigliarci nel pantano senza saperne uscire. L"affollarsi di tante sinistre, alternative tra loro, emerse in occasione dell"ultima crisi di governo, è la prova provata che da noi c"è qualche problema non risolto in più rispetto agli altri Paesi. Lo storico della rivoluzione francese Francois Furet, della cui scomparsa ricorre in questi giorni il decennale, nel suo magistrale saggio sul “Passato di un"illusione” (quella comunista) aveva spinto la sua elaborazione fino a riconoscere che, essendo finite tutte le rivoluzioni, da quella francese a quella comunista, era ora di fare i conti con i concetti vetusti di destra e sinistra che hanno contrassegnato il vivere collettivo europeo per circa due secoli. Ed ora cosa rimane? Non è nemmeno più tempo di pensiero eurocentrico nonostante i generosi sforzi di “Prospect” di dare nuove interpretazioni e significati ai concetti di destra e di sinistra. E" ben difficile dare un senso alla vita collettiva senza interrogarsi su quello che succede attorno a noi e sui trends di lungo periodo che, in un mondo globalizzato, riguardano ormai aree lontanissime tra loro ma tutte interagenti sul nostro destino individuale e di quello della nostra Nazione d"origine. Basterebbe pensare ai cambiamenti climatici ed alle ondate di migrazione planetaria per farci riflettere sui problemi futuri a cui andremo incontro. Ma una cosa è riconsiderare la questione destra-sinistra nel contesto attuale con un approccio pragmatico anglosassone alla Antony Giddens – del resto non è un caso che il laburista Tony Blair sia sostenuto nella sua azione più da destra che da sinistra - altro è voler forzare tutto, ancora una volta, in nuove gabbie pseudo-ideologiche, magari in nome di una destra e di una sinistra rivedute e corrette. Certo che se si continua a ragionare come Toni Negri puntando su un socialismo cosmopolita, più valido che mai, da far rivivere in contrapposizione all"”impero” americano, ci ritroviamo poi a dover fare i conti con le contorsioni ideologiche dei Bertinotti e dei Diliberto, ancora alla ricerca di una dialettica praticabile tra oppressi e oppressori, tra sfruttati e sfruttatori. Come se la realtà circostante non dimostrasse che è sempre più difficile essere o ritenersi globalmente di sinistra quando si tratta di fronteggiare le minacce del terrorismo islamico al nostro modello di sviluppo occidentale. Nonostante l"opposizione no-global tale modello si sta rapidamente estendendo ad immense aree mondiali quali l"India e la Cina. Chi potrebbe mai scorgere nel tumultuoso sviluppo del continente Cina, comunista o ex comunsita, un"ansia di riscatto universale valida per tutti i proletari della terra? E invece il nostro dibattito continua ad essere retrodatato, altro che le speculazioni filosofiche di “Prospect” A nessuno piace la realtà di un pensiero unico dominante, che ora è liberal-democratico, ma avrebbe potuto ben essere socialista. Una qualche dialettica deve pure venir fuori prima o poi. Ma nel nostro piccolo mondo non può tutto ridursi alle contrapposizioni tra il presunto “destro” Berlusconi ed il presunto “sinistro” Prodi, o peggio tra il mondialista di ultima generazione Oliviero Diliberto ed il “localista” Calderoli in camicia verde. Forse è questo l"ultimo risultato, il tratto odierno della “malattia psicologica” degli italiani, e più ancora della loro classe dirigente, che tanto impensierisce i commentatori OltreManica. Prima o poi bisogna uscirne con qualche nuova bussola e tocca a noi trovarla con una buona dose di sano realismo. Il primo indispensabile passo in tale direzione sarebbe almeno quello di porre un termine alla defatigante contesa tra rivoluzionari immaginari e riformisti solo sulla carta. Sarebbe già un buon inizio. Poi verrà il compito più arduo, saper scegliere gli attori più adatti a tradurre in pratica le intenzioni e ad avviare una seria opera riformatrice.

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