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Public Policy

C‘è da rifondare interamente il Paese

Maggioranze variabili e riforme

Le prove generali di un superamento del governo Prodi possono cominciare da Vicenza

di Antonio Gesualdi - 15 febbraio 2007

Parliamoci chiaro: il nostro Paese ha bisogno di una riforma delle pensioni, di liberalizzazioni, ma anche di riorganizzazione e, soprattutto, di un nuovo slancio collettivo. C"è troppa percezione di decadenza in giro. Abbiamo troppi capitani d"impresa che non hanno mai avviato un"azienda, troppi politici senza partito, troppi magistrati che si occupano di indagini le più diverse e i mondi dello sport e dello spettacolo in totale sfacelo.

Per quel poco che un governo può fare, c"è da fare: la riforma delle pensioni, la riforma della legge elettorale, la riforma della burocrazia e pure la riforma della Costituzione. Ovvero c"è da rifondare il Paese. E" chiaro che alcune di queste cose prevedono un certo impatto sociale come la riforma delle pensioni o il mettere mano all"impiego pubblico o alle liberalizzazioni delle professioni. Alcune faccende, quindi, è meglio lasciarle fare al governo attuale: tra tensioni, forzature, minacce funziona comunque sempre la regola italiana che se bisogna fare politiche di destra è meglio farle fare ad un governo di sinistra. Prodi, allora, non può cadere su Vicenza. Almeno non la Vicenza di sabato 17. Da qui tutti gli sforzi che si susseguono in queste ore per cercare di prevenire qualsiasi risvolto terroristico o di degenerazione della manifestazione.

E" chiaro, però, che l"applauso di ieri di tutti i parlamentari alle forze dell"ordine - e quindi al ministro Amato che ne è il capo - significa che le prove generali di un superamento del governo Prodi possono cominciare proprio da Vicenza e da sabato prossimo. Fatti alcuni interventi che è meglio far fare a questo governo - purché si riesca a mantenere la barra dritta almeno in politica internazionale - il resto non può che andare verso un ampliamento della maggioranza.

Azzardo. Non si tratterà di una Grossa Coalizione o di un vero e proprio governo di questa o quella parte, ma dovrà trattarsi di un governo a "maggioranza variabile", piuttosto. Una compagine tecnico-politica in grado di poter realizzare provvedimenti necessari - e negli ambiti più diversi; dall"economia alla scuola, dai pacs ai tassisti - attraverso maggioranze componibili volta per volta, ma che facciano perno sulle aree moderate, riformiste e di centro. Insomma un governo con una maggioranza-lego fondata più sulla sottrazione che sull"addizione. Non una maggioranza precostituita su un programma, magari, puntiglioso di 500 pagine, ma piuttosto basato su alcune riforme fondamentali sulle quali, di volta in volta, si può convergere, ma anche astenersi. I numeri in Parlamento ci sarebbero. Non solo: questo meccanismo permetterebbe di tenere in conto le ragioni dei partiti più piccoli, ma allo stesso tempo permetterebbe a questi stessi partiti - senza danneggiare il governo - di non condividere alcune scelte per motivi di coscienza.

Resta il punto fermo: che un governo di questo tipo dovrebbe avere nel programma un solo punto imprescindibile: condurre il Paese verso un"Assemblea Costituente con - va da sè - una legge elettorale proporzionale. E" utopia o strada obbligata?

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