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Ormai il messaggio è più che sedimentato

Ma non è facile bonificare una palude

La sottile, quasi invisibile, linea rossa tra il settore porno e degli inserti culturali

di Lorenzo Lo Basso - 26 giugno 2006

“Certe ragazze preferiscono essere belle piuttosto che intelligenti. Non hanno tutti i torti: moltissimi ragazzi hanno la vista più sviluppata del cervello”. (Bill Laurence)

La concussione sessuale è un reato, e come tutti i reati va perseguito. Nei termini previsti, in modo maggiore, concorre ad aggravante la posizione di chi la esercita. Dato questo, ben differente è la situazione della donna in genere, soprattutto in Italia.
Sotto questo punto di vista, dobbiamo arrossire di fronte agli altri Stati europei: da noi pare che sia assolutamente impossibile vendere una bibita, un’auto, un silicone, un gelato, un televisore, un viaggio, una crema per il viso e persino una scatola di bulloni, senza mettere una donna nuda, apatica e sorridente, sul cartellone. Un tempo, si diceva, “guarda che calendario da gommista” o da “barbiere”, con il mezzo e accondiscendente sorriso di chi spesso andava dal meccanico o dal barbiere, anche per poter ammirare delle pose “osé”. Ora come ora, andando in edicola, ci troviamo in imbarazzo nel non capire dove finisca il settore porno e dove invece inizi quello degli allegati culturali. Siamo abbrutiti, imbolsiti da questo strapotere del seno, il tripudio di cosce ci avvilisce e ci schiavizza, come una droga. E come se non bastassero i mezzi di comunicazione, basta darsi una rapida occhiata intorno per capire che oramai il messaggio non solo è passato, ma forse si è addirittura sedimentato. Come spieghiamo allora il fatto che oramai vediamo abitualmente signore che si vestono come le figlie, e non viceversa? Come intendiamo che nove ragazze su dieci, anche in inverno hanno una porzione di corpo notevole, ben in vista? Potrà anche sembrare un discorso da bacchettoni, ma pare evidente che, se la merce è in mostra, ad alcuni sembrerà di essere al mercato. E purtroppo agiranno di conseguenza.
A maggior ragione, fanno ridere indignazioni e rossori da scolaretti di fronte al fatto che “darla” per fare carriera sia una scorciatoia battuta. Come tutte le scorciatoie ha un prezzo, personale e morale: c’è chi sopporta questo peso e chi No. Difendersi, poi, dicendo “l’ho fatto perché il sistema lo imponeva” è una, consentitemi, emerita cazzata. Il “sistema” è espressione di chi lo compone, allo stesso modo coraggio ed azione appartengono più al singolo che alla massa. Se i singoli non trovano dentro sé stessi la forza per opporsi e cambiare il sistema, allora che ne siano succubi, e complici. La situazione è, però, talmente incancrenita che, anziché progredire, qui si va indietro: tanto da far apparire la proposta delle quote rosa come una misura, tutto sommato, accettabile.
Dare alla popolazione la speranza che il sistema si possa cambiare è compito, oggi, dei politici, come un tempo lo fu dei condottieri. E qui certo la situazione, se le cose stessero davvero come vengono presentate, si complica. La soluzione? Difficile e lunga, un po’ come bonificare una palude. Non si otterranno benefici da un inasprimento delle pene, né tantomeno mettendo quote e, magari, lottizzando anche in questo settore: quello che è necessario è intervenire sul sistema educativo, portando avanti modelli differenti, creando prodotti, dai programmi scolastici a quelli televisivi, con contenuti che stimolino la voglia di realizzarsi oltre la cintola. E in questo i mezzi di comunicazione, dopo aver tanto distrutto, si rimbocchino le maniche e inizino a spalare il proprio pattume.

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