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Crisi finanziaria e risvolti politici interni

Ma a noi chi ci salva?

Gli interrogativi del cittadino- globale nell'Italia di oggi

di Elio Di Caprio - 08 ottobre 2008

Mai come ora con l"avvitarsi della crisi finanziaria internazionale può misurarsi la solitudine e l"impotenza del cittadino globale di fronte ad avvenimenti più grandi di lui. E" la prima sconfitta della globalizzazione: in un mondo correlato come non mai dove tutto è conosciuto in tempo reale, mancano le informazioni fondamentali e nessuno sa la verità, quanti siano i famosi titoli spazzatura nelle mani delle banche di tutto il mondo. Né possono sopperire ragionamenti e deduzioni per capire la direzione verso cui stiamo andando. Che fare dopo che gli USA si sono creati da soli in casa il loro 11 settembre finanziario e lo propagano in tutto il mondo? Non si tratta di una guerra asimmetrica come quella contro le imprendibili centrali del terrorismo internazionale, ma anche qui il nemico in fondo è sconosciuto E" la speculazione con la S maiuscola che sta mettendo in ginocchio il mondo intero con un virus che ha chiara origine nel sistema economico americano. Ci si chiede ogni volta come reagiranno i mercati alle misure di contenimento annunciate dai vari governi, ma mai come reagirà la speculazione.

La realtà è che i confini tra capitalismo di mercato reale, capitalismo finanziario e speculazione si stanno assottigliando in maniera sempre più drammatica. Solo qualche mese fa è sembrato quasi normale o comunque meno allarmante il fatto che a causa della speculazione i prezzi del petrolio schizzassero a 150 euro a barile. Ora invece la speculazione è l"imputato numero uno, il capro espiatorio per lo tsunami finanziario globale che si è abbattuto su tutte le economie.

Riecheggiando un celebre slogan di Carl Marx si potrebbe dire, non già proletari di tutto il mondo unitevi, ma vittime della speculazione unitevi! Contro chi e con quale forza unitaria è difficile capire. Tutti l"avevano detto, tutti l"avevano previsto che stava arrivando una crisi diversa dalle altre, ma poi tutti sono rimasti sorpresi per la piega che hanno preso gli avvenimenti. Qualcuno pensava di rifondare il comunismo dopo la sua fine ingloriosa. Ora si tratta invece di rifondare il capitalismo o di (ri) creare un capitalismo dal volto umano, come ieri si ricercava un comunismo dal volto umano.

Solo che con la globalizzazione il compito è ben più arduo, arduo per gli USA epicentro della crisi, per l"Europa che fino a ieri pensava di salvarsi con il suo modello di sviluppo più attento alla socialità che al mercato, per la stessa Russia di Putin e, perchè no, per la Cina che grazie al capitalismo globale ha avuto finora tassi di crescita del 9% l"anno.

Come succede per tutti gli sconvolgimenti imprevisti o per le crisi ingovernabili è forte la tentazione di definire quanto succede e di prevedere quanto succederà usando il bagaglio culturale che si è sedimentato dal secolo scorso in tutto l"Occidente. Niente di nuovo sotto il sole, si potrebbe dire, il capitalismo è sempre vivo e vegeto nonostante le ricorrenti crisi finanziarie, nessuna meraviglia che gli “animal spirits” tanto osannati dall"ideologia liberista siano diventati i nuovi demoni finanziari che possono distruggere tutto. Mentre economisti ed analisti sono impotenti a dare una spiegazione convincente di quanto accade e di quanto potrà ancora accadere la speculazione sta diventando essa stessa un comodo parafulmine per le inquietudini del cittadino globale. Alla fine è più comodo dirigere le frustrazioni e il senso di impotenza sulla speculazione piuttosto che sui governi che non sono intervenuti in tempo o sulle banche che hanno retto il gioco della speculazione.
Come uscirne?
Per il nostro Tremonti che in tempi non sospetti è stato tra i primi a lanciarsi contro la “peste” della speculazione un rimedio c"è. Stato ed etica, secondo lui, salveranno il mercato. Il passo ulteriore quale sarà? Si arriverà allo Stato etico? Riecheggiando alcuni concetti del Mussolini degli anni "20 del secolo scorso, il nostro ministro dell"Economia , forse per farsi perdonare le sue passate debolezze per la finanza creativa e le cartolarizzazioni, arriva ora a dire che il pragmatismo è più importante di ogni ideologia, che “la nostra ideologia è che non abbiamo ideologia”. Magari bastasse questo per salvarsi!

La realtà è che la piccola Italia da sola può fare ben poco. Berlusconi può pure vestirsi da improbabile statista europeo per dire la sua con la speranza di essere ascoltato, ma continua a rappresentare un Paese come il nostro che è l"anello debole tra i Paesi europei più avanzati. Ora il Cavaliere fa fatica ad accreditarsi come il nocchiero che, con il consenso di tutti, guida la nave Italia in tempi di tempesta: il suo ottimismo forzato stride sempre di più con la dimensione dei problemi che saremo destinati a fronteggiare. Ammesso che nel prossimo futuro ci si sarà più bisogno di etica e di Stato, come dice Tremonti, siamo proprio sicuri che sia Berlusconi il leader più appropriato a gestire questi tempi di crisi? E" l"interrogativo latente che dà un motivo in più alle inquietudini che serpeggiano nella società italiana.

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