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Le reazioni dei leader sul dopo assemblea

Lo speciale su Alleanza Nazionale

Stampa, Corriere e Sole. Una rassegna successiva ai discorsi tenuti all’hotel Ergife

di Lorenzo Lo Basso - 04 luglio 2005

La platea non è quieta come ad una solita riunione tra i capi, ma si scalda, a volte approva, a volte si indigna. L’assemblea di Alleanza nazionale non è solo le relazioni di gran capi, in realtà è un’ininterrotta mediazione di 48 ore. Così, mentre le correnti dialogano, volano anche gli insulti e si moltiplicano gli strappi. Come racconta Amedeo La Mattina su La Stampa, saranno La Russa, Landolfi e Ronchi a tracciare le linee guida della mediazione finale tra Alemanno, Gasparri, Storace, Matteoli e, ovviamente lui, Fini. Così, mentre molti alle tre del mattino scelgono di dormire direttamente in albergo, la mattina è lo stesso leader a presiedere la riunione con i capicorrente e ad accettare ampi compromessi. L’articolo 40 della legge sulla procreazione assistita non verrà modificato prima di tre anni, si riconosce la colpa della degenerazione del partito non tanto ai “colonnelli”, quanto al “colonellume”. Quindi non vittoria di questo o di quello, ma un armistizio, in attesa delle elezioni e del congresso che ne seguirà.

Blindatura del bipolarismo, rifiuto del proporzionale, rilancio deciso e convinto dell’azione di governo. Sono solo alcuni dei punti che Fini mette in campo per dare minor peso ai compromessi fatti in termini organizzativi del partito; quindi rincara sulla necessità del partito unico e rafforza la posizione a fianco di Berlusconi. Una strada ben diversa, quindi, da quella scelta da Follini, che, per dare più ampio respiro all’UdC verso il centro, non esita ad attaccare l’operato del governo e recita un “mantra autocritico”, proponendo di guardare avanti, magari da soli, per crescere nel futuro. Così come raccontato da Francesco Verderami sul Corriere della Sera oggi e da Stefano Folli ieri su Il Sole 24 Ore, si danno risposte differenti a problemi che hanno in comune la mancanza di radicamento dei partiti nella società moderna, ed anche, più grave, il progressivo distacco della stessa base dei movimenti politici dai leaders.

Le convulsioni della politica di questi ultimi tempi mettono in chiara luce che il sistema è oramai alla corda. Mai in questi ultimi anni si sono susseguiti tanti appelli all’unità; come dice Edoardo Novelli su La Stampa di oggi, il miraggio unitario non fa che denunciare la mancanza di idee e di identità dei partiti.

Infatti se da una parte tutti i partiti – emblematico il caso della Margherita che strappa la coalizione per presentarsi da sola nel proporzionale – cercano di consolidare la propria posizione, dall’altra invocano la forza della coalizione per non perdere quanto acquisito. Riporta giustamente Augusto Minzolini nel suo retroscena su La Stampa che tale atteggiamento da Giani bifronte non alleggerisce l’atmosfera nei gruppi e rende evidente la schizofrenia delle segreterie, impegnate da una parte ad attaccare gli alleati per rafforzare la posizione e in contemporanea a mandare messaggi distensivi. Così dopo l’attacco al governo su cui Follini impernia la propria relazione al Congresso UdC si può vedere un Casini paciere che cerca di non scontentare né Berlusconi, né Fini, né i cattolici né i laici. Certamente un’impresa titanica, che però a Berlusconi pare più una farsa che altro.

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