Francia o Spagna, purché si superi
L'Italia tra sorpassi e ritardi
Se va avanti così saremo esclusi anche dal G8. Un paese sempre più in declinodi Elio Di Caprio - 21 dicembre 2007
Arriva il messaggio della Spagna che ci ha superato nel reddito pro capite e della Grecia che è lì li per raggiungerci. Chi si candiderà per primo al G8 al posto dell"Italia se va avanti così? Passerà anche questo tormentone, resteranno i veri tormenti e le fibrillazioni della società italiana che è sempre in ritardo su tutto, non riesce ad anticipare alcunchè, ora soltanto scopre che il potere d"acquisto delle famiglie si è dimezzato nell"Italia del dopo euro e vorrebbe all"improvviso rincorrere e recuperare ( ma come? raddoppiando stipendi e salari?).
Anche gli spagnoli hanno avuto i loro squilibri da euro, ma danno l"immagine- non solo per i numeri delle statistiche - di una società di vitalità e di speranza e perciò psicologicamente più giovane della nostra. Si sono confrontati nel secolo scorso con massacri e guerre civili, hanno un re costituzionale che si può permettere di mandare a quel paese il venezuelano Chavez in nome della dignità nazionale, si sono risollevati dai gravi attacchi terroristici subiti e vanno avanti. In più dopo lunghi anni di regime autoritario hanno saputo far posto ad una classe politica più giovane della nostra dove, senza grandi scosse , si sono avvicendati il conservatore Aznar ed il laico (per non dire anticlericale) Zapatero. Lì il sistema ha retto e regge ancora nonostante le spinte centrifughe e indipendentiste di baschi e catalani ( altro che Lega!), il Pil aumenta costantemente e non diminuisce come da noi, i problemi energetici sono meno dirompenti perchè hanno fatto posto in tempo al nucleare. Anzi il cosiddetto modello spagnolo è all"improvviso assurto ad esempio lungimirante di stabilità tanto che è diventato un punto di riferimento possibile per quella riforma elettorale che da noi si sta sempre più impantanando negli arzigogolii dei tanti strateghi di palazzo. Cosa diremo ora che la Spagna ci ha temporaneamente sorpassato? Reagiremo con la stessa provinciale saccenteria dimostrata a proposito delle analisi del NY Times sul nostro declino? Non serve a nulla rispondere, come fa Prodi , che “da noi però si sta meglio” o reagire con il tradizionale sussulto di orgoglio nazionale di quei commentatori che hanno pensato di rimbeccare le analisi americane contestando il pulpito da cui vengono, visto che anche lì la contesa politica si svolge come da noi tra i soliti noti, e per di più nell"ambito delle medesime famiglie di Bush e di Clinton, con l"aggravante di campagne elettorali miliardarie che speculano persino sui temi della sanità pubblica da cui è ancora esclusa una larga fetta dei cittadini americani. A parte le ancora grandi differenze culturali tra il mondo americano e quello europeo, li" il sistema funziona meglio che da noi, i contrappesi esistono, il bipartitismo non è stato elargito dall"alto ma è espressione di una dialettica sulla base di valori condivisi, l"orgoglio nazionale è un fondamentale elemento di coesione. Il confronto è meglio farlo non solo con la Spagna, ma con gli altri maggiori Paesi europei, ognuno con una storia diversa alle spalle, ma tutti in grado più di noi di giocare la partita della globalizzazione con armi meno spuntate e con una capacità decisionale che noi ci sogniamo, dalla Francia di Sarkozy alla Germania di Angela Merkel, alla Gran Bretagna di Gordon Brown ed ora alla Spagna di Zapatero ( ma sarebbe stato lo stesso con la Spagna di Aznar). Noi invece siamo ancora all"immagine del più che ottantenne presidente Napolitano al quale non resta che evocare le rughe della signora sessantenne a proposito della veneranda età di una Costituzione che non si riesce in alcun modo a riformare. Ci teniamo, e nessuno protesta, un processo legislativo che consente ancora un andirivieni infinito di leggi e leggine dalla Camera al Senato e ritorno per correggere qualche virgola in più sfuggita a qualche incompetente “tecnico” di partito. L"immobilismo comincia dall"alto e dura da troppo tempo. Nessun Paese europeo, e tanto meno la Spagna, si può permettere di mantenere più di due milioni di individui che vivono di politica come in Italia – a tanto sono stati calcolati, senza smentite, coloro che gravitano in quel mondo tra governo, parlamento ed enti locali vari – quasi fossimo costretti a riprodurre nel 2007 nomenklature di stampo sovietico che neanche in Russia esistono più.
I nostri sociologi ci parlano a proposito dell"Italia di oggi come di una società liquida e di partiti sempre più liquidi, privi di forti ancoraggi ideologici. Per governare una siffatta società i leaders non possono essere essi stessi che liquidi. Ad essi perciò non si chiede di dire e di partire dalla verità, ma solo di suscitare effimere coesioni o strumentali contrapposizioni. Poi si potrà sempre arrivare a grandi intese di vertice tra i grandi partiti in nome della comune “liquidità” da governare.
Non è proprio la Francia di Sarkozy o la Spagna di Zapatero.
Anche gli spagnoli hanno avuto i loro squilibri da euro, ma danno l"immagine- non solo per i numeri delle statistiche - di una società di vitalità e di speranza e perciò psicologicamente più giovane della nostra. Si sono confrontati nel secolo scorso con massacri e guerre civili, hanno un re costituzionale che si può permettere di mandare a quel paese il venezuelano Chavez in nome della dignità nazionale, si sono risollevati dai gravi attacchi terroristici subiti e vanno avanti. In più dopo lunghi anni di regime autoritario hanno saputo far posto ad una classe politica più giovane della nostra dove, senza grandi scosse , si sono avvicendati il conservatore Aznar ed il laico (per non dire anticlericale) Zapatero. Lì il sistema ha retto e regge ancora nonostante le spinte centrifughe e indipendentiste di baschi e catalani ( altro che Lega!), il Pil aumenta costantemente e non diminuisce come da noi, i problemi energetici sono meno dirompenti perchè hanno fatto posto in tempo al nucleare. Anzi il cosiddetto modello spagnolo è all"improvviso assurto ad esempio lungimirante di stabilità tanto che è diventato un punto di riferimento possibile per quella riforma elettorale che da noi si sta sempre più impantanando negli arzigogolii dei tanti strateghi di palazzo. Cosa diremo ora che la Spagna ci ha temporaneamente sorpassato? Reagiremo con la stessa provinciale saccenteria dimostrata a proposito delle analisi del NY Times sul nostro declino? Non serve a nulla rispondere, come fa Prodi , che “da noi però si sta meglio” o reagire con il tradizionale sussulto di orgoglio nazionale di quei commentatori che hanno pensato di rimbeccare le analisi americane contestando il pulpito da cui vengono, visto che anche lì la contesa politica si svolge come da noi tra i soliti noti, e per di più nell"ambito delle medesime famiglie di Bush e di Clinton, con l"aggravante di campagne elettorali miliardarie che speculano persino sui temi della sanità pubblica da cui è ancora esclusa una larga fetta dei cittadini americani. A parte le ancora grandi differenze culturali tra il mondo americano e quello europeo, li" il sistema funziona meglio che da noi, i contrappesi esistono, il bipartitismo non è stato elargito dall"alto ma è espressione di una dialettica sulla base di valori condivisi, l"orgoglio nazionale è un fondamentale elemento di coesione. Il confronto è meglio farlo non solo con la Spagna, ma con gli altri maggiori Paesi europei, ognuno con una storia diversa alle spalle, ma tutti in grado più di noi di giocare la partita della globalizzazione con armi meno spuntate e con una capacità decisionale che noi ci sogniamo, dalla Francia di Sarkozy alla Germania di Angela Merkel, alla Gran Bretagna di Gordon Brown ed ora alla Spagna di Zapatero ( ma sarebbe stato lo stesso con la Spagna di Aznar). Noi invece siamo ancora all"immagine del più che ottantenne presidente Napolitano al quale non resta che evocare le rughe della signora sessantenne a proposito della veneranda età di una Costituzione che non si riesce in alcun modo a riformare. Ci teniamo, e nessuno protesta, un processo legislativo che consente ancora un andirivieni infinito di leggi e leggine dalla Camera al Senato e ritorno per correggere qualche virgola in più sfuggita a qualche incompetente “tecnico” di partito. L"immobilismo comincia dall"alto e dura da troppo tempo. Nessun Paese europeo, e tanto meno la Spagna, si può permettere di mantenere più di due milioni di individui che vivono di politica come in Italia – a tanto sono stati calcolati, senza smentite, coloro che gravitano in quel mondo tra governo, parlamento ed enti locali vari – quasi fossimo costretti a riprodurre nel 2007 nomenklature di stampo sovietico che neanche in Russia esistono più.
I nostri sociologi ci parlano a proposito dell"Italia di oggi come di una società liquida e di partiti sempre più liquidi, privi di forti ancoraggi ideologici. Per governare una siffatta società i leaders non possono essere essi stessi che liquidi. Ad essi perciò non si chiede di dire e di partire dalla verità, ma solo di suscitare effimere coesioni o strumentali contrapposizioni. Poi si potrà sempre arrivare a grandi intese di vertice tra i grandi partiti in nome della comune “liquidità” da governare.
Non è proprio la Francia di Sarkozy o la Spagna di Zapatero.
L'EDITORIALE
DI TERZA REPUBBLICA
Terza Repubblica è il quotidiano online fondato e diretto da Enrico Cisnetto nato nel 2005 dall'esperienza di Società Aperta con l'obiettivo di creare uno spazio di commento indipendente e fuori dal coro sul contesto politico-economico del paese.