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Per una politica europea più severa

Linee europee contro i clandestini

No a sanatorie collettive. Sì a rimpatri immediati. Sarkozy e Merkel alla base dell’operazione

di Davide Giacalone - 10 giugno 2008

Se si sapesse fare politica europea, ed in Europa, ci si risparmierebbero non pochi problemi, a cominciare da quelli che ci siamo tirati addosso parlando con toni sbagliati dei clandestini. Il nostro errore, grave, è stato quello di raccontare a noi stessi, e conseguentemente al mondo, che gli assalti violenti contro i campi nomadi siano stati il frutto di un sentimento popolare e, contemporaneamente, di avere annunciato l’introduzione del reato di clandestinità. La miscela ha aiutato chi, in malafede, ha voluto tacciarci di xenofobia o razzismo.

Il nostro problema è quasi opposto: abbiamo fatto entrare di tutto ed abbiamo tollerato un mucchio di reati. Abbiamo peccato per mollezza, non per durezza. Se ci fossimo occupati di inquadrare il problema come europeo, ci saremmo accorti che proprio nessuno può darci lezioni di bontà, semmai sconfinante nell’ignavia. Difatti, il presidente francese, Sarkozy, e la cancelliera tedesca, Merkel, si sono incontrati ed hanno impostato il tema dell’immigrazione clandestina, indicando due linee d’azione: rifiuto d’ogni sanatoria collettiva e rimpatri immediati, anche mediante l’uso di flotte aeree dedicate. La Francia, che si accinge al semestre di presidenza, guiderà l’operazione, la Germania vigilerà acciocché non ci siano cedimenti.

Le sanatorie saranno condannate proprio perché ci sono Paesi, come l’Italia (alla faccia della xenofobia), che ne hanno fatte troppe, creando poi un problema al resto d’Europa. Naturalmente restano possibili le regolarizzazioni individuali, anche tenuti presenti i bisogni sociali e produttivi di ciascuno, ma sarà sbarrata la via delle ammissioni indistinte, frutto dell’incapacità a frenare gli ingressi clandestini. L’uso di voli charter, o, addirittura, di una flotta dedicata, sta ad indicare la volontà di procedere al più presto al rimpatrio, senza lunghe, inutili e talora assai disagevoli permanenze nei centri d’accoglienza (che poi sarebbero d’espulsione).

Chiamate le cose con il loro nome, ne deriva che la politica europea sarà decisamente più severa di quella di cui si parla in Italia. Che, poi, i rimpatri abbiano alle spalle un provvedimento amministrativo o giudiziario, siano disposti in sede civile o penale, è affare che riguarda ciascun Paese, purché si rispetti lo spirito e la tempestività di quanto stabilito. Messo così il problema, si dimostra che gran parte del nostro scucuzzarsi interno appartiene al regno delle chiacchiere inutili, ed autolesioniste.

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