La differenza tra Italia, Germania e Gran Bretagna
L'esempio (sbagliato) del Colle
L'errore: in Italia non c'è un governo votato dagli elettoridi Davide Giacalone - 22 dicembre 2011
Il presidente della Repubblica torna a sostenere la regolarità del suo operato. Considerato che la gran parte delle forze politiche e della stampa non fanno che osannarlo, al punto che il giornale confindustriale ne riporta la qualifica di “re”, senza neanche avvertire l’imbarazzo dell’esistente Repubblica, la cosa è singolare. Non scriverò che taluni interventi, come quello con cui ha rivolto gli auguri ai rappresentanti delle istituzioni, sono essi stessi fuori dai binari costituzionali, perché il deragliamento è da tempo alle nostre spalle. Tanto evidente quanto taciuto.
Mi ha colpito, però, che Giorgio Napolitano si sia cimentato nel tentativo di ribadire non tanto la legittimità istituzionale del governo Monti (che è fuori discussione, dato l’ampio e libero consenso parlamentare), ma la sua rispondenza alla volontà degli elettori. Esercizio ardimentoso. Nell’eseguirlo, il presidente, ha fatto riferimento ai casi di Germania e Gran Bretagna, con i loro governi di coalizione. Quei casi, però, dimostrano l’esatto contrario. Il presidente non è un ingenuo, ma un professionista della politica che ha dedicato la vita intera, senza mai una sosta, a questo mestiere. Gli uffici del Quirinale sono colmi di personale altamente qualificato. E’ interessante, allora, comprendere la ragione dell’errore.
Né in Germania né in Gran Bretagna ci sono sistemi istituzionali con l’elezione diretta del capo del governo (e neanche quello della Repubblica, tanto più che la seconda è una monarchia). Prassi vuole, però, che il presidente e la regina chiamino, subito dopo le elezioni, il capo del partito che vince, affidandogli il compito di governare. In Italia non esisteva questa prassi, prima del 1994. Siccome può capitare che il partito vincitore non abbia sufficienti parlamentari per governare da solo, cosa fanno i capi di quegli Stati? scelgono un terzo? provano con un tecnico? Neanche per sogno: chiamano il capo del partito che ha preso almeno un voto più degli altri e gli affidano il governo. Non cambia nulla, in quella fase, salvo il fatto che questo signore non torna indietro con il governo del suo partito, ma con uno di coalizione. Una cosa è sicura: presiede il governo quello cui gli elettori hanno dato più voti. Evito gli esempi, per brevità, ma ce ne sono diversi. Napolitano ha fatto una cosa totalmente diversa, chiamando a presiedere il governo chi neanche s’è candidato e togliendolo a chi aveva vinto le elezioni.
Non credo che abbia sbagliato, ma sono certo che sbaglia a volerlo negare. E commette questo errore perché la sua presidenza è iniziata nel 2006, con una maggioranza di sinistra, governante la quale il suo sarebbe stato un ruolo di garanzia politica e istituzionale, ma s’è dipanata prevalentemente a partire dal 2008, con una maggioranza di destra rispetto alla quale ha svolto un ruolo di bilanciamento, quando non antagonista. Il governo Berlusconi era logoro ben prima delle dimissioni, ma è anche vero che dal Colle si è contribuito a logorarlo, fino al punto di designare il successore nel mentre ancora godeva della fiducia parlamentare.
Se Napolitano pensa di confondere tale realtà facendo riferimento all’insostenibilità internazionale non tanto del governo quanto di Berlusconi in persona, non fa che mettere una pezza assai più vistosa del buco, perché noi abbiamo scritto parole pesanti sulla condotta di Berlusconi, ma la “sostenibilità internazionale” non è fra gli ingredienti che legittimano o delegittimano un governo. Salvo un caso: che il Paese in questione abbia perso sovranità. Questo è il punto politico di quelle parole presidenziali: non si poteva non fare quel che è stato fatto perché l’Italia non era più sovrana delle proprie scelte, e non lo era datosi l’allargarsi della voragine che separa i tassi del nostro debito pubblico da quelli degli altri.
Questa è la ragione del governo Monti, ciò rende accettabile il comportamento del Colle, tale realtà ridicolizza le fole complottarde, ma è anche la stessa cosa che oggi risulta imbarazzante: la voragine non s’è ristretta (come noi prevedevamo, non essendo un problema nazionale, ma dell’euro). Semmai è la Costituzione ad essere stata ulteriormente slabbrata. Scriverlo non significa “attaccare” il Quirinale, i cui nervi sono molto sensibili e la cui passione per i consensi forse eccessiva. Noi non abbiamo tale vocazione faziosa, il che ci aiuta anche a non pensare che tutto vada bene se serve a liberare la scena politica da Berlusconi. Siamo rimasti immuni tanto da adorazioni quanto da radiazioni.
Mi ha colpito, però, che Giorgio Napolitano si sia cimentato nel tentativo di ribadire non tanto la legittimità istituzionale del governo Monti (che è fuori discussione, dato l’ampio e libero consenso parlamentare), ma la sua rispondenza alla volontà degli elettori. Esercizio ardimentoso. Nell’eseguirlo, il presidente, ha fatto riferimento ai casi di Germania e Gran Bretagna, con i loro governi di coalizione. Quei casi, però, dimostrano l’esatto contrario. Il presidente non è un ingenuo, ma un professionista della politica che ha dedicato la vita intera, senza mai una sosta, a questo mestiere. Gli uffici del Quirinale sono colmi di personale altamente qualificato. E’ interessante, allora, comprendere la ragione dell’errore.
Né in Germania né in Gran Bretagna ci sono sistemi istituzionali con l’elezione diretta del capo del governo (e neanche quello della Repubblica, tanto più che la seconda è una monarchia). Prassi vuole, però, che il presidente e la regina chiamino, subito dopo le elezioni, il capo del partito che vince, affidandogli il compito di governare. In Italia non esisteva questa prassi, prima del 1994. Siccome può capitare che il partito vincitore non abbia sufficienti parlamentari per governare da solo, cosa fanno i capi di quegli Stati? scelgono un terzo? provano con un tecnico? Neanche per sogno: chiamano il capo del partito che ha preso almeno un voto più degli altri e gli affidano il governo. Non cambia nulla, in quella fase, salvo il fatto che questo signore non torna indietro con il governo del suo partito, ma con uno di coalizione. Una cosa è sicura: presiede il governo quello cui gli elettori hanno dato più voti. Evito gli esempi, per brevità, ma ce ne sono diversi. Napolitano ha fatto una cosa totalmente diversa, chiamando a presiedere il governo chi neanche s’è candidato e togliendolo a chi aveva vinto le elezioni.
Non credo che abbia sbagliato, ma sono certo che sbaglia a volerlo negare. E commette questo errore perché la sua presidenza è iniziata nel 2006, con una maggioranza di sinistra, governante la quale il suo sarebbe stato un ruolo di garanzia politica e istituzionale, ma s’è dipanata prevalentemente a partire dal 2008, con una maggioranza di destra rispetto alla quale ha svolto un ruolo di bilanciamento, quando non antagonista. Il governo Berlusconi era logoro ben prima delle dimissioni, ma è anche vero che dal Colle si è contribuito a logorarlo, fino al punto di designare il successore nel mentre ancora godeva della fiducia parlamentare.
Se Napolitano pensa di confondere tale realtà facendo riferimento all’insostenibilità internazionale non tanto del governo quanto di Berlusconi in persona, non fa che mettere una pezza assai più vistosa del buco, perché noi abbiamo scritto parole pesanti sulla condotta di Berlusconi, ma la “sostenibilità internazionale” non è fra gli ingredienti che legittimano o delegittimano un governo. Salvo un caso: che il Paese in questione abbia perso sovranità. Questo è il punto politico di quelle parole presidenziali: non si poteva non fare quel che è stato fatto perché l’Italia non era più sovrana delle proprie scelte, e non lo era datosi l’allargarsi della voragine che separa i tassi del nostro debito pubblico da quelli degli altri.
Questa è la ragione del governo Monti, ciò rende accettabile il comportamento del Colle, tale realtà ridicolizza le fole complottarde, ma è anche la stessa cosa che oggi risulta imbarazzante: la voragine non s’è ristretta (come noi prevedevamo, non essendo un problema nazionale, ma dell’euro). Semmai è la Costituzione ad essere stata ulteriormente slabbrata. Scriverlo non significa “attaccare” il Quirinale, i cui nervi sono molto sensibili e la cui passione per i consensi forse eccessiva. Noi non abbiamo tale vocazione faziosa, il che ci aiuta anche a non pensare che tutto vada bene se serve a liberare la scena politica da Berlusconi. Siamo rimasti immuni tanto da adorazioni quanto da radiazioni.
L'EDITORIALE
DI TERZA REPUBBLICA
Terza Repubblica è il quotidiano online fondato e diretto da Enrico Cisnetto nato nel 2005 dall'esperienza di Società Aperta con l'obiettivo di creare uno spazio di commento indipendente e fuori dal coro sul contesto politico-economico del paese.