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Public Policy

L'accordo dei partiti

Legge elettorale: si, ma...

Per una legge che unisca governabilità, pluralismo, qualità ed ampiezza della rappresentanza e partecipazione

di Angelo Romano - 08 febbraio 2012

"Pensatoi" e diplomazie dei principali partiti sono al lavoro. Cercano la quadra per dare un segno di esistenza in vita della politica, dopo che si é andata a nascondere per allergia congenita alla responsabilità. L"intento "Ufficiale" é quello di approfittare dello scorcio di legislatura per cambiare la legge elettorale ed avviare, forse, una qualche riforma istituzionale. PDL e PD furono d"accordo nel licenziare il "porcellum" e tutto fa presagire che troveranno l"accordo per una nuova legge elettorale, ovviamente funzionale a loro stessi ed ai loro interessi. Difatti, già si vocifera di elevamento consistente dello sbarramento, per far fuori i cosiddetti "piccoli" e ridurre il frazionismo. Siamo alle solite. Proviamo ad avviare un riflessione serena sul tema.

Primo punto: la democrazia rappresentativa. Nata in tempi in cui la rappresentanza era necessitata dalle distanze, dalle scarse medie civili, dall"inesistenza delle grandi reti di comunicazione, oggi come oggi é relativamente anacronistica. Essa é il terreno di coltura della "casta", dei privilegi, del potere di mediazioni non sempre legittime. Vizi amplificati dall"assenza di qualunque vincolo di mandato, neanche quello della tutela dell"interesse collettivo. Sono, peraltro, divenute praticabili forme di democrazia diretta, grazie alle tecnologie e potrebbero essere introdotte e sperimentate nuove forme di partecipazione popolare in vari ambiti, allargando il cerchio della responsabilità sulle priorità e sulle scelte. Così come sarebbe tempo di ampliare il quadro referendario introducendo quello propositivo, semplificando le procedure, limitando l"interferenza della suprema Corte oltre certi numeri di firme raccolte.

Secondo punto: ampiezza e qualità della rappresentanza. Si parla da tempo di riduzione del numero dei parlamentari, ma siamo sicuri che é questa la scelta giusta? Cinquecento deputati invece di mille, senza vincolo di mandato e scelti, con le modalità note, dai partiti, non rischierebbero di diventare una "super casta", ancora più potente dell"attuale? Con l"aggravante che, per il combinato disposto del premio di maggioranza (ancorché riformato) e dell"aumento della soglia di sbarramento, si aumenterebbe a dismisura il potere dei partiti, in particolare di quelli maggiori. Per altri versi, a qualunque soglia di sbarramento andrebbe accoppiato un "diritto di tribuna" per le principali forze che non hanno raggiunto la soglia. Che un radicale, un repubblicano, un socialista, un liberale, un "missino", un ecologista, possa sempre aver voce in Parlamento, purché rappresenti una minimo di consenso, sarebbe rassicurante per tutti i cittadini. Riservare, quindi, cinque o dieci seggi a tal fine sarebbe civilissimo e non costringerebbe all""ammucchiata" di coalizione chi voglia tenersene fuori. La storia della riduzione dei costi a sostegno della riduzione del numero dei parlamentari é una baggianata. Basterebbe ridurre i rimborsi elettorali o gli stipendi per salvare l"ampiezza della rappresentanza. Basterebbe anche riformare le cosiddette leggi Bassanini che consentirono il travaso degli apparati dei partiti sulle spalle delle amministrazioni pubbliche, o sfoltire i deputati regionali, che a poco servono, o cancellare gli assessori circoscrizionali che a nulla servono.

Terzo punto: architettura istituzionale. Il bicameralismo, detto perfetto, é inefficiente e lento, ma cos"a sarebbe la Camera delle regioni visto che queste hanno già le proprie "camere" e nulla impedisce loro di trovare luoghi ed occasioni di raccordo delle loro politiche? Meglio una sola Camera legislativa o, se proprio devono essere due, perché non specializzarle per materie o per funzioni, ad esempio al Senato il recepimento delle direttive europee ed alla Camera tutto il resto? Sicuramente almeno l"efficienza del sistema migliorerebbe. Anche il quadro dei poteri andrebbe rimeditato. Un premierato più forte, una collegialità meno asfissiante sarebbero desiderabili, come uno scudo che metta al riparo, da indebite interferenze giudiziarie nella sfera della politica, sia il governo che il parlamento. Una robusta revisione andrebbe fatta ai regolamenti parlamentari affinché non favoriscano frazionismo e privilegi.

Quarto punto: funzione e ruolo dei partiti. Che siano, per ora, insostituibili é indubbio. Come é indubbio che hanno tralignato affliggendo, più che sviluppando, il Paese. Ci vogliono regole atte a garantire trasparenza gestionale, democrazia effettiva, ricambio meritocratico delle classi dirigenti. Ci vuole una legge di attuazione dell"articolo 49 della Costituzione che dia essenza, forma e regole alla parola partito. Solo dalla riflessione sui punti enunciati può nascere una buona legge elettorale che garantisca governabilità, pluralismo, qualità ed ampiezza della rappresentanza, partecipazione.

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