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Ma non valeva la pena svegliarsi prima?

Le lezioni dell'emergenza

Tra governo dei “competenti” e parlamento “bulgaro”

di Elio Di Caprio - 18 novembre 2011

Habemus papam, habemus Mario Monti eletto dal concistoro dei poteri forti, così forti da obbligare Berlusconi al famoso passo indietro che gli veniva chiesto da più parti negli ultimi tre mesi. Così si dice quasi a coprire la debolezza del sistema Italia che rimane nella bufera degli “spreads” con o senza il Cavaliere. Almeno sul versante interno siamo ora in terra meno incognita grazie alla disinvolta e necessaria iniziativa del Capo dello Stato che ha scelto e imposto il nuovo Presidente del Consiglio senza farsi condizionare più di tanto dalle regole della Costituzione ( formale o materiale?). E se non si muove nell’emergenza un Capo dello Stato, eletto dal parlamento e non dal popolo, chi mai avrebbe dovuto e potuto muoversi al suo posto? Il parlamento squalificato dei nominati o lo stesso Berlusconi che fino a ieri aveva posto un veto al ricambio perché solo lui eletto dal popolo poteva eventualmente decidere di farsi da parte? Ne sentiamo di tutti i colori a cose avvenute, dalla sospensione della democrazia, alla supplenza dei tecnocrati, al parlamento da pecore che ha accettato inspiegabilmente e con soddisfazione di essere commissariato, al governo spartito col bilancino a metà tra massoni e cattolici per prefigurare la nuova epoca postberlusconiana.

Ci manca solo che Giorgio Napolitano, a cui dobbiamo l’ultimo sussulto (autoritario?) per dare un segnale di svolta più all’estero che all’Italia, venga accusato di aver sospeso le garanzie costituzionali. In fondo di che meravigliarsi se un uomo di (ex) cultura comunista, come Napolitano, nell’emergenza decide di buttare a mare le regole o le prassi della democrazia parlamentare e non indice subito nuove elezioni?

Di propaganda in propaganda- quando mai ce ne libereremo?- si potrebbe rimettere in circolo il ricordo della fiducia concessa a maggioranza a Mussolini nel 1923 da un parlamento impotente che anche allora aveva perso credibilità agli occhi dell’opinione pubblica, oppure richiamare, come ha già fatto il partito democratico, il precedente del Governo d’emergenza di Badoglio dopo la caduta di Mussolini. Non si è sempre detto che stiamo uscendo da un ventennio simile a quello fascista? Oppure, a scelta, si potrebbe anche dire, travisando le circostanze che ci hanno portato alla situazione attuale, che siamo in presenza di un periodo temporaneo di virtuosa dittatura dopo il quale le cose andranno a posto come prima e si ritornerà alle elezioni. Se è così speriamo che si arriverà a nuove elezioni senza la sciagurata forzatura del nome del nuovo presidente del consiglio indicato in scheda elettorale.

Più che esercitarsi in paragoni impropri con epoche passate sarebbe meglio prendere atto che paghiamo lo scotto della demagogica pretesa che fosse arrivato il momento adatto per instaurare in Italia una democrazia plebiscitaria incubata dal bipolarismo all’italiana dove l’intermediazione del parlamento serve solo ad approvare i decreti-legge dell’esecutivo. La conseguenza di quanto successo è che ad essere accusato di comportarsi come capo di una repubblica presidenziale, neppure con i contrappesi che tale sistema prevede in Francia come negli USA, non è più il superpresidente Berlusconi, ma Giorgio Napolitano costretto ad una decisione “presidenzialista” pur di rimettere in moto il ricambio di un sistema bloccato. Come non ammettere che qualcosa di più essenziale e profondo, al di là dell’emergenza dovuta alla crisi finanziaria mondiale, non ha funzionato nel nostro sistema di rappresentanza e nell’equilibrio dei poteri stabilito in Costituzione? Non dice nulla vedere un parlamento “normalizzato” dall’esterno che accetta in sostanza di essere commissariato ammettendo con ciò stesso di non essere stato all’altezza dei suoi compiti e anzi compiacendosi che finalmente sia stato formato un governo di persone competenti, inattaccabile proprio per questo motivo? Ci sarà pure un motivo perchè non è stato possibile dare vita ad un governo di competenti, magari non tutti professori universitari o grand commis di Stato, partendo dal “vivaio” della maggioranza parlamentare negli ultimi anni. Non fosse che per questo è ineludibile ed urgente procedere al più presto al necessario ricambio parlamentare con nuove elezioni e nuove regole.

La sfiducia nella classe politica è stata determinata e insieme ha determinato in un circuito perverso la sfiducia nei partiti e nel parlamento, come successo in altre stagioni del nostro Paese, l’ultima dopo Tangentopoli quasi venti anni fa. La terza repubblica sta nascendo, se mai nascerà, in un contesto confuso come la seconda, ma non si faranno passi in avanti senza una nuova cornice costituzionale sempre più necessaria per imbrigliare lo strapotere dei partiti, non più tirata di qua e di là per porre riparo alle emergenze come sta succedendo ora con il governo tecnico-politico di Mario Monti. Certo con la crisi finanziaria incombente nessuno pensa a queste cose, non è però un bello spettacolo ( emergenziale anch’esso?) vedere l’attuale Parlamento costretto ad un consenso “bulgaro” verso un Presidente del Consiglio di cui non conosce neppure il programma ed un’opposizione relegata alla minoranza leghista che così avrà un motivo in più per (ri) accreditarsi come l’unico partito antisistema rimasto. Sembra così che paradossalmente siano stati puniti e commissariati più gli italiani costretti a scegliere nell’ ambito di un’ alternativa bipolare imposta che non coloro che ci hanno obbligato a farlo con una legge elettorale indecente. Ma non valeva la pena svegliarsi prima?

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