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Basta politica negli affari ed affari nella politica

Le inchieste che finiscono in discarica

Quando le municipalizzate diventano società per azioni, con un socio unico o prevalente, il comune

di Davide Giacalone - 04 giugno 2009

La spazzatura è divenuta competenza dell’esercito e della magistratura. Non credo molti abbiano voglia di speculare sugli arresti campani, e neanche sulle assunzioni degli spazzini precari a Palermo, fino al dissesto dei bilanci. Sono mostri che hanno troppi genitori. Proviamo, allora, a capire perché la mondezza è un mare in cui naviga la politica, e perché certe inchieste destano grande clamore, per poi finire in discarica.

Comincio da queste ultime, la notizia più fresca, sebbene non profumata. Finiscono agli arresti dei collaudatori, professori e professionisti, fra i quali uno che è poi stato eletto presidente della provincia di Benevento, nelle liste del Pd.

Questi signori, scrivono i magistrati, sono stati scelti con logiche d’appartenenza politica, ed in tal senso depone anche un’intercettazione telefonica (non mancano mai!) che: “appare illuminante per comprendere le reali motivazioni sottese alla nomina dei collaudatori, unitamente all’assenza di qualsivoglia interesse a controllare e pretendere il rispetto dell’appalto”. Aggiunge il giudice dell’indagine preliminare, che dispone gli arresti: “tale conversazione disegna uno scenario sconcertante, notevolmente difforme dai presunti ‘buoni propositi’ indicati nei provvedimenti di nomina”.

Detesto l’ipocrisia ed osservo che tutte le commissioni di collaudo sono nominate seguendo la stessa logica: amici da beneficiare, possibilmente competenti in materia. I collaudatori sono pagati molto bene e fanno poco, anche perché passano in rassegna solo le carte ed il picchetto d’onore, firmando una carta a garanzia dell’intera caserma, dove, magari, in quello stesso momento regna il più assoluto caos. I magistrati che si scandalizzano farebbero bene a chiedere informazioni ai loro colleghi, presenti in commissioni simili.

L’inchiesta, come dicono quelli che non sanno cos’altro dire, andrà avanti. Gli indagati sono tutti presunti innocenti. Che le ecoballe fossero irregolari e nel posto sbagliato, però, noi lo scrivevamo mentre Napoli era sommersa dalla spazzatura, e, da allora ad oggi, nessuno ha pagato per la responsabilità politica di quello scempio. La magistratura è in ritardo, quindi, ma la politica non è mai neanche partita. E’ questa, la cosa peggiore.

La spazzatura di Palermo non è quella di Napoli, le giunte hanno colori diversi, ma la puzza è la stessa. A Napoli c’erano anni d’inutile alto commissario e gli affari dei camorristi, il che rendeva unica quella situazione. A Palermo, invece, si propone una realtà che riguarda tutti.

Per meglio comprendere, allora, sgomberiamo il campo dalla polemica politica: il caso emerge a causa delle rotture interne al centro destra, ma non è da queste originato. Se la maggioranza fosse rimasta unita avrebbe alzato le tasse cittadine e nascosto il problema. Non avrebbe risolto nulla, salvo evitare lo svelarsi dello scandalo, che si riferisce ad una mostruosità presente in tutta Italia: le municipalizzate divenute società per azioni, quindi private, ma con un socio unico o prevalente, il comune.

I poveri di spirito sostengono che, in questo modo, si è fatta entrare l’efficienza del mercato nell’amministrazione della cosa pubblica. In realtà si è portata la ricchezza pubblica a servire interessi privati, con l’aggravante dell’opacità. In alcuni casi facendo buchi colossali, in altri generando utili, in tutti corrompendo il corretto rapporto che deve esserci fra politica ed affari.

Creati i contenitori societari, magari anche quotandoli in Borsa, si provvede poi ad inviarci amministratori amici. Chi è saggio nomina dei costruttori di potere, chi più ruspante i trombati della politica. Dopo di che si gestisce la cosa pubblica in accordo con i sindacati, di modo che il coinvolgimento garantisca l’omertà. Le gazzette cittadine seguono la cosa con interesse, più che altro per le proprie pagine di pubblicità.

Capita, così, che a Palermo ci siano troppi netturbini, i quali protestano per il mancato pagamento degli straordinari. Essendo troppi, però, neanche dovrebbero farlo. Il tutto in capo alla solita spa del campanile (Amia), che gestendo il servizio in monopolio riesce a scavare 150 milioni di buco.

In momenti diversi si sarebbe presentato il conto ai cittadini, mentre il conflitto politico scoperchia il bottino (nel duplice senso di merdaio e malloppo). Lo sciocco guarda il tappo, mentre il saggio desidera liberarsi del puteolente contenuto: basta animali misti, basta monopoli municipali, basta politica negli affari ed affari nella politica.

Pubblicato da Libero di giovedì 4 giugno 2009

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