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Lo spauracchio dell’intermediazione statale

Le gravi irresponsabilità all’italiana

Se l’intervento pubblico non è finalizzato a tutelare il mercato, l’effetto sarà devastante

di Davide Giacalone - 19 settembre 2008

Le grandi crisi contengono grandi opportunità, purtroppo anche per i lestofanti ed i politici irresponsabili. Davanti alle macerie della speculazione finanziaria sento ripetere che è tornato il momento dell’intervento statale, della spesa in conto pubblico. Rabbrividisco. Negli anni settanta l’inflazione, l’inefficienza pubblica, il costo e l’invadenza dell’intermediazione statale, portarono alcuni (in testa Inghilterra e Stati Uniti) a riscoprire il valore del mercato. Negli anni ottanta si ristrutturano. Da noi la ventata fu colta sul finire e trasformata in una stagione di privatizzazioni scellerate, che non portarono più competizione e lasciarono immutata la voragine del debito. Ora si riparla d’interventi statali, e temo il peggio.

Chi non sia schiavo dell’ideologia sa che il mercato esiste se esistono le regole, e gli strumenti per farle rispettare, quindi se esistono anche la politica e lo Stato, che l’intervento pubblico può essere utile, in qualche caso indispensabile, per tappare falle congiunturali o correggere storture del mercato. I chierichetti delle opposte sponde gridano alla contraddizione, invece è tutto normale. Lehman può fallire, mentre si corre in soccorso di Freddie e Fannie. C’è logica e coerenza. Ma se l’intervento pubblico s’indirizza ad operazioni che non tutelano il mercato e protraggono l’agonia, allora l’effetto sarà devastante. Se prendo i debiti Alitalia e li metto in conto agli italiani, poi faccio nascere un’azienda con conti a posto ma mercato incapace di reggerla, avrò regalato un affare a pochi e rifilato una fregatura a molti, senza per questo salvare né l’azienda né il trasporto aereo. Se privatizzo Telecom come peggio non si poteva, la lascio spolpare, poi metto soldi pubblici per riprendermi la rete che era già mia, non favorisco le telecomunicazioni, ma gli interessi di chi ha scorrazzato.

I soldi che si spendono aggravano il debito, anche se non lo aumentano. Sarà il caso di aprire gli occhi, e rendersi conto che fra gli emittenti dei titoli oggi giudicati ad eccessivo rischio ci sono i nostri enti locali, mentre la differenza fra i tassi per il finanziamento del debito italiano e quelli europei segnala che il tempo sta scadendo. I debiti ci attendono, ma qualcuno crede che la crisi sia un’occasione per giustificarli.

Pubblicato su Libero di venerdì 19 settembre

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