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L’inadeguatezza dell’azione di politica economica

Le aporie e i punti interrogativi

L’iter degli emendamenti alla Finanziaria tra dichiarazioni di inammissibilità e ripescaggi

di Angelo De Mattia - 03 dicembre 2009

Fioccano le dichiarazioni di inammissibilità degli emendamenti alla “finanziaria” nella Commissione Bilancio della Camera. Prima sono stati bocciati 12 dei 14 emendamenti governativi. Poi hanno fatto seguito bocciature, totali o parziali a seconda dei casi, di proposte di esponenti della maggioranza riguardanti, in specie, il taglio dell’Irap, la cedolare secca sugli affitti , i fondi per Roma. Il fatto è che,dopo aver proclamato ai quattro venti che la “finanziaria” avrebbe dovuto essere assolutamente snella, dal momento che la vera manovra era stata già fatta nei mesi scorsi con i vari provvedimenti urgenti, all’approssimarsi della scadenza di fine anno e di quella, non molto lontana, delle elezioni regionali, la voglia di illustrarsi con proposte che attirino l’interesse della base di riferimento è cresciuta. Ma è aumentata anche la percezione dell’inadeguatezza dell’azione di politica economica, della mancanza di iniziative, da un lato, di stimolo e, dall’altro, di promozione di riforme di struttura. Tuttavia, alcune delle proposte presentate non sono da sottovalutare. Non a caso, dopo le bocciature vi sono stati anche numerosi ripescaggi.

Ma è il modo confuso e disorganico, a sacco d’ossa, con il quale le modifiche vengono sfornate che colpisce. Si ritorna alla constatazione della mancanza di una solida prospettiva, di un programma non solo per l’oggi. Martedì la linea dell’inammissibilità ( parziale) aveva riguardato anche la Banca del Mezzogiorno. Evidentemente, le incongruenze e gli aspetti insostenibili del progetto dell’istituzione della Banca sono così presenti ai parlamentari che, nonostante le reiterate sollecitazioni del Ministro dell’Economia, il disegno di legge sta affrontando una vera via crucis. Dopo la bocciatura, in prima lettura, al Senato dove era stato presentato come emendamento alla legge finanziaria, martedì, la Commissione Bilancio della Camera, nella quale è stato ripresentato, ha dichiarato inammissibili sei commi del relativo testo, il principale dei quali riguardava l’attribuzione al Ministero dell’Economia del potere di dettare le norme attuative delle disposizioni di legge, una volta approvate. Ieri, però, a testimonianza della confusione che domina, l’emendamento è stato ripescato, sulla base di determinate condizioni che prevedono l’estensione di alcune possibilità operative alle sole banche di credito cooperativo che parteciperanno al nuovo istituto ( con una serie di problemi, però, sul piano della parità concorrenziale ).

La eliminazione del comma sul potere di attuazione del Tesoro potrebbe essere, tuttavia, il modo per ricondurre il progetto in questione nell’alveo naturale: la sottoposizione all’esame della Banca d’Italia, l’organo competente ad autorizzare la costituzione di istituti di credito e l’inizio della loro operatività. In effetti, la scelta di procedere, anziché per via amministrativa, con il ricorso alla legge ordinaria fa retrocedere le modalità dell’istituzione di banche a oltre cinquanta anni fa, quando per legge furono costituite alcune categorie di istituti di credito speciale, omettendo di considerare che in mezzo secolo le leggi italiane e comunitarie hanno consolidato le attribuzioni dell’Organo di vigilanza, innanzitutto nella fase dell’autorizzazione dell’accesso al sistema degli intermediari.

Le aporie e i punti interrogativi presenti nel disegno di legge in questione sono stati in queste settimane puntualmente segnalati da Mf – Milano Finanza, a cominciare dalla singolarità di prevedere la costituzione di un’azienda di credito, non solo per legge, come è stato accennato, ma attraverso un emendamento alla legge finanziaria. I sei commi sono stati dichiarati inammissibili dalla Bilancio proprio perché affrontano materie ordinamentali incompatibili con la natura della legge finanziaria. Solo un asserito superamento di questo scoglio avrebbe consentito l’accennato ripescaggio dei commi espunti.

Peraltro, se restasse ferma la dichiarazione di inammissibilità relativa ai poteri del Tesoro, si potrebbe riattivare il percorso amministrativo. Ma è fondamentale il modo in cui si imbocca questa strada e, quindi, come saranno valutate e approvate – se non sopravverrà una salutare, non impossibile rimeditazione da parte delle Camere – le norme primarie in questione. L’esame dell’Istituto di via Nazionale, per gli aspetti che riguardano la sana e prudente gestione della costituenda banca, la stabilità aziendale e sistemica, la tutela del risparmio, la programmata operatività, il piano industriale, etc., deve essere libero, deve far leva, insomma, sulla sua piena discrezionalità tecnica. Una serie di norme approvate come legge formale costituisce pur sempre un limite che non potrebbe essere valicato dall’autorità amministrativa, anche se, per la mancanza di una adeguata disamina di carattere tecnico – dati i tempi della “finanziaria” – il profilo del nuovo ente creditizio e gli aspetti della sua operatività non rispondessero, in tutto o in parte, ai criteri sopra indicati, che altro non sono, alla fin fine, che applicazione di direttive comunitarie e, soprattutto, dell’art. 47 della Costituzione sulla tutela del risparmio.

E’ necessario che si conoscano ex ante, subito, gli eventuali problemi di funzionamento del previsto ente creditizio. Insomma, Bankitalia, nel convegno di giovedì 26, ha dimostrato con i numeri e con le analisi che quello del Sud non è un problema di numero degli intermediari finanziari. E’ anche un problema di credito e finanza, ma non di quantità degli intermediari, che se ne costituiscono al Sud nello stesso numero di quelli del Centro Nord. Ma se , ciononostante, alla costituzione si vuole ugualmente procedere, lo si faccia in modo da evitare il rischio che si formi un nuovo carrozzone o una banca dalla vita grama a un passo dalla soppressione. Si prevenga in ogni modo una nuova illusoria Mediobanca del Sud.

Non è, questa, una formale schermaglia di carattere giuridico-istituzionale o non è soltanto tale. Le sue ricadute sono assai rilevanti. Si tratta di verificare se si vuole dar vita a un’azienda di credito che, almeno, riuscirà a camminare, pur tra incertezze, con le sue gambe oppure se non sono state soddisfatte le condizioni perché essa non si avvii sulla strada di numerose esperienze precedenti, che si sono concluse in maniera infausta.

Ora, più in generale con riferimento all’intera “finanziaria”, se si mettono insieme le bocciature e le dichiarazioni di inammissibilità finora registrate, ma anche i non pochi ripescaggi, sarebbe naturale affrontare una disamina sotto il profilo istituzionale, innanzitutto, andando oltre la stessa modifica della struttura della legge finanziaria recentemente approvata, e, poi, dal punto di vista del merito dell’azione di politica economica.

Potrebbe essere l’occasione per valutare la praticabilità della ricerca di solidi punti di convergenza sul terreno della manovra di politica economica e sociale. Senza attendere il nuovo turno di bocciature – e di conseguenti parziali ripescaggi - che potrebbe sopravvenire proprio per l’eterogeneità delle proposte che vengono presentate, per la mancanza di collante tra di loro e di una finalizzazione a un lucido disegno di sostegno alla famiglia, all’impresa e all’economia complessivamente, in questa fase di non facile uscita dalla crisi. Potrebbe essere un caso di serendipità istituzionale. Dall’andamento altalenante delle decisioni imposte dai regolamenti parlamentari, tra inammissibilità e riammissioni, alla formazione di un testo di tutt’altro spessore per contenuti, appropriatezza istituzionale, sostegno dei membri del Parlamento. Ex malo bonum.

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