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Renzi, Letta e non solo

Largo ai vecchi

Volti nuovi ma stili e comportamenti già visti. Risultato? Non cambia mai nulla.

di Giacomo Properzj - 20 gennaio 2014

Quando Matteo Renzi, segretario del Pd e Enrico Letta, Presidente del Consiglio, si incontrano si abbracciano affettuosamente e dichiarano all"unisono, di essere sulla stessa linea politica e legati da una forte e profonda solidarietà. Poi, quasi immediatamente, qualificati amici di Renzi prendono posizione contro l"uno o l"altro dei ministri di Letta oppure dichiarano che il governo deve essere più celere nelle riforme che d"altra parte non si possono fare con il concorso di ex berlusconiani come il vice presidente del consiglio Angelino Alfano e via discorrendo.

Ultimamente Renzi ha preso contatto con Berlusconi, capo del partito Forza Italia, per arrivare rapidamente alla riforma della legge elettorale, già bocciata dalla Corte Costituzionale. La legge elettorale può essere riformata sia intervenendo sugli aspetti costituzionali sui quali la stessa può in qualche modo incidere ovvero senza toccare elementi costituzionali e utilizzando così una “legge ordinaria”. Nel primo caso, inutile prendersi in giro, ci vogliono anni per arrivare a riformare la costituzione, vista anche la possibilità di un referendum confermativo. Nel secondo caso la cosa è più rapida ma occorre utilizzare quanto la corte costituzionale ha dichiarato legittimo della legge precedente. Risultato: una legge proporzionale senza premio di maggioranza.

Naturalmente è possibile proporre mille soluzioni intermedie e discutere pressoché all"infinito se siano compatibili o meno con la Costituzione ma la sostanza di quanto politicamente vederemo nei prossimi mesi è che Renzi spinge per fare le elezioni il più presto possibile, perché i sondaggi lo danno in buona posizione, ma naturalmente questo deve comportare la caduta del governo Letta e l"assunzione al potere del giovane, si fa per dire, sindaco di Firenze. Berlusconi, esterno a questo gioco, spera nelle elezioni di avere un successo che gli garantisca perlomeno la primazia nei partiti di opposizione ( se non addirittura la vittoria elettorale dato che dispone ancora di tre televisoni e almeno di un quotidiano). Finalmente riuscirà il caro Renzi a sbatter giù Letta e a collocarsi al suo posto in tempi rapidi e prima che i sondaggi cambino ancora una volta? Non è così semplice egli potrebbe avere il conforto di molti cittadini che senza essere del PD ma con idee vage e scomposte si sono recati alle urne private del Pd per indicarlo come Segretario di quel partito ma in realtà gli iscritti al Pd non sono tutti con lui e molti stanno cambiando posizione secondo una logica di interessi personali e di corrente. Questo esercito che dovrebbe essere unito e compatto, quando Renzi si incontra con Berlusconi ( espressione del secondo partito italiano) lanciano uova marce, improperi e fanno dichiarazioni ai giornali in cui affermano che non voteranno mai insieme con Berlusconi secondo il concetto pre illuminista che essendo stato condannato ha perduto per sempre ogni dignità politica indipendentemente dal numero (milioni) di elettori che lo votano ancora.

Renzi si trova dunque a fare i conti non con i liberi cittadini italiani ma con il ceto politico dei partiti o pseudo partiti che li governano. Letta invece può contare sull"immobilità sostanziale di questo ceto che teme ogni cambiamento, anche quando invoca nuove elezioni come fa Grillo, però non è in grado a sua volta di fare nulla di veramente significativo col suo governo. Questa penosa situazione si sviluppa alle porte delle elezioni europee e del semestre in cui l"Italia presiede per turno la Comunità. Pare, per esempio, che Berlusconi e Renzi si siano messi d"accordo non solo per abolire le province e questa è una cosa per cui tutti, partiti, costituzionalisti, giornalisti ecc., sono d"accordo ormai da anni senza peraltro aver mai modificato neppure una virgola della attuale situazione ma anche sulla modifica del sistema delle remunerazioni ai consiglieri regionali ( da indennità fissa a gettone di presenza). Solo su questa minima opzione i due demiurghi si troveranno di fronte a una reazione violentissima, basti pensare che il presidente della regione a statuto speciale Sicilia a un giornalista che gli chiedeva se fosse possibile, viste le perdite di bilancio che sono ripianate dallo stato centrale, rinunciare allo statuto speciale è esploso in urla e sarcasmi come se gli avessero fatto un"ipotesi di sconcezza.

La morale di questa storiella, senza scendere nel goliardico, è quella che bisogna sapere che il precipizio nel quale il nostro paese è caduto sarà recuperabile solo con lo sforzo di alcune generazioni e noi non vedremo i risultati. Pubblicato su Linkiesta

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