La televisione della discordia
Prodi e Berlusconi lamentano la lottizzazione della Rai. Ma nessuno dei due l’ha privatizzatadi Davide Giacalone - 26 settembre 2005
Un lamento sfugge continuamente dalle labbra di Berlusconi, un cruccio ne accompagna l’attività: la televisione, tutta quanta, è in mano alla sinistra, i giornalisti sono di sinistra, ed in ragione di questa loro militanza distorcono la realtà raccontandola in modo da danneggiarlo.
Mi piace prendere atto di questa uniformità di vedute, e constatare che, su un tema certo non irrilevante, i leader delle due coalizioni non solo la pensano allo stesso modo, ma hanno anche ragione.
Difatti Berlusconi è direttamente proprietario di tre reti televisive analogiche, e la Rai, televisione pubblica che ne detiene altre tre, è governata da un sistema parlamentare che, inevitabilmente e giustamente, è indirizzato dalla maggioranza politica, che fa capo (oggi mi sento ottimista) allo stesso Berlusconi. Prodi, dunque, fa bene a preoccuparsi. Al tempo stesso, però, la sinistra non ha mai fatto nulla, dicasi nulla, nella direzione di rompere questo stato di cose. S’è impegnata, certo, nel tentativo di far chiudere le reti Mediaset, e non le sarebbe dispiaciuto che quel gruppo fosse seppellito da azioni giudiziarie che potevano anche portare al gabbio il fondatore. Ma, fuori da questi sogni, un tantinello truculenti, quando poi si tratta di occuparsi della quotidianità, la sinistra italiana s’è dedicata all’occupazione lottizzatoria di tutti gli spazi disponibili. E lo ha fatto sia che si sia trovata in maggioranza, non avendo remora alcuna ad occupare la Rai, sia che si sia trovata in minoranza, approfittando di un’azienda nella quale ha solide, profonde e ramificate radici. Non ha torto, dunque, Berlusconi a dire che i giornalisti (compresi quelli di Mediaset) sono in larghissima parte tifosi della sinistra.
Dopo aver gioito per tanta concordia, avrei una domanda da fare: c’è qualcuno che ha intenzione di battersi per l’unica cosa sensata che serva a rendere libero il mercato televisivo, affidandosi così non alla buona volontà dei giornalisti o alle demenzialità da par condicio, bensì alle leggi del mercato e della competizione, c’è qualcuno che intenda promuovere la vendita della Rai? Se c’è si faccia avanti, perché non lo vedo. Se non c’è, potete dire a quei due di piantarla e di tornare utilmente ad occuparsi del colore delle rispettive capigliature?
L'EDITORIALE
DI TERZA REPUBBLICA
Società Aperta è un movimento d’opinione, nato dall’iniziativa di un gruppo di cittadini, provenienti da esperienze professionali e politiche differenti, animati dalla comune preoccupazione per il progressivo declino dell’Italia, già dal lontano 2003, quando il declino dell’economia, almeno a noi, già era evidente come realtà acquisita. L’intento iniziale era evitare che il declino diventasse strutturale, trasformandosi in decadenza. Oltre a diverse soluzioni economiche, Società Aperta, fin dalla sua costituzione, è stata convinta che l’unico modo per fermare il declino sarebbe stato cominciare a ragionare, senza pregiudizi e logiche di appartenenza, sulle cause profonde della crisi economica italiana e sulle possibili vie d’uscita. Non soluzioni di destra o di sinistra, ma semplici soluzioni. Invece, il nostro Paese è rimasto politicamente paralizzato su un bipolarismo armato e pregiudizievole, che ha contribuito alla paralisi totale del sistema. Fin dal 2003 aspiravamo il superamento della fallimentare Seconda Repubblica, per approdare alla Terza, le cui regole vanno scritte aggiornando i contenuti della Carta Costituzionale e riformulando un patto sociale che reimmagini, modernizzandola, la costituzione materiale del Paese. Questo quotidiano online nasce come spin-off di Società Aperta, con lo scopo di raccogliere riflessioni, analisi e commenti propedeutici al salto di qualità necessario