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Il tempo di Prodi e di Berlusconi è finito

La strada verso un governo possibile

Per porre fine all’agonia della II Repubblica è necessario passare alla <i>pars construens</i>

di Fabio Fabbri - 12 luglio 2007

Troppo spesso si dimentica che un partito, ed anche un movimento allo stato nascente come la Costituente Socialista, viene percepito e giudicato anzitutto per la sua collocazione rispetto al governo del Paese. Non ci può essere futuro per noi se non diremo con chiarezza che il tempo di Prodi e dell’Unione è finito: come quello di Berlusconi e della coalizione di centro destra, entrambe coinvolte nell’agonia della seconda repubblica. Ecco perché inorridisco di fronte alle sortite da “prodiano con l’elmetto” di Roberto Villetti. Ha ragione Umberto Ranieri. L’impopolarità del governo è sempre più vasta; ed parimenti diffusa la consapevolezza del fallimento di questo bipolarismo all’italiana, fonte di ingovernabilità a causa del nefasto ruolo dei massimalisti: che sono storicamente la rovina della sinistra e del Paese.

E’ allora tempo di tirarsi fuori dal pantano, cominciando a ragionare per quale via si può dare al Paese il governo possibile. Il merito storico dello SDI è di aver salvato una navicella del socialismo italiano dalle macerie della prima Repubblica; evitiamo, per carità, il rischio di sommergerlo sotto le macerie della seconda. Vi è poi una seconda esigenza da soddisfare, per far capire ai cittadini “quel che non siamo, quel che non vogliamo”. Non saremo mai una componente del partito democratico, di cui non è ipotizzabile alcuna evoluzione atta a incorporare le ragioni del riformismo socialista. Sì, perché è sempre vero che “la natura delle cose sta nel loro nascimento”. Il P.D. altro non è e non sarà che la fusione fra i “caduti del comunismo”, come li chiama Rino Formica, e i relitti della sinistra democristiana. Una realtà che non cambia con la discesa in terra del deus ex machina Walter Veltroni. Ecco perché sono sorpreso e preoccupato per la “Walterfilia” di Peppino Caldarola, colui che con indimenticabile immagine icastica ha detto a Fiuggi di sentirsi “finalmente a casa”. Non capisco l’empatia con chi va girando per le tombe alla ricerca degli antenati, escludendo sempre quella di Filippo Turati e professando il suo “benoltrismo” rispetto al socialismo europeo.

Certo, Veltroni ha talento, sa porgere: anche l’eloquenza è una virtù dell’uomo pubblico. Ma l’impianto politico-culturale del sincretismo leggiadro del Sindaco di Roma è debolissimo. Riesce difficile contraddire sia Giampaolo Pansa (dopo il “parolaio rosso” viene il parolaio bianco-rosato), sia Enzo Bettiza, che lo descrive come il semigiovane dai capelli precocemente ingrigiti, conciliatore dell’inconciliabile, tanto che voleva “mettere nello stesso sacco Gramsci e Kennedy”. Ma è tempo di passare alla pars construens. Condivido le linee-guida degli interventi di Giovanni Pieraccini, di Antonio Ghirelli e di Gianni De Michelis. Ma, in attesa della “nuova Rimini”, c’è bisogno di lanciare messaggi chiari ora e subito. Mi limito ad alcuni spunti. Politica estera: non basta l’attivismo planetario del Ministro. Serve il rilancio dell’Europa, per il quale sarà utile un nostro dialogo fecondo con i partiti del P.S.E.. Clima ed effetto serra: il riformismo ambientale deve essere equidistante dall’estremismo scriteriato di Pecoraio Scanio, come dalla predicazione ludico-catastrofica di Al Gore, di cui Veltroni si erge a propagandista.

Riforma delle istituzioni e della politica: siamo favorevoli all’Assemblea Costituente, voluta con lungimirante intuizione da Enrico Cisnetto e della sua “Società Aperta”. Chiediamo che si affronti la grave crisi delle regioni, produttrici di mediocre attività legislativa e protagoniste di sprechi intollerabili. Sicurezza: è un errore sia disgiungerla dalla crisi della Giustizia, sia farne una questione del solo Nord, quando invece la lotta alla criminalità è l’altra faccia di una politica meridionalistica da costruire, perchè oggi è inesistente. E come si fa a tacere, di fronte alla modestia della politica culturale e turistica del Vice-premier Rutelli e alla mancanza di proposte concrete per lo sviluppo economico, che è legato in larga misura alla riforma della scuola e dell’Università? Mi fermo qui. E’ vero che in questi anni, assillati dal primum vivere, i socialisti si sono occupati prevalentemente dei contenitori. Ma, di fronte alla sterilità progettuale dei democrats, siamo in grado, anche attingendo ai nostri “giacimenti”, di presentare un prodotto migliore di quello, subito evaporato, che è uscito dalla “fabbrica del programma” edificata dallo staff di Prodi nei dintorni di Bologna.

Pubblicato su il Riformista di martedì 10 luglio

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Terza Repubblica è il quotidiano online fondato e diretto da Enrico Cisnetto nato nel 2005 dall'esperienza di Società Aperta con l'obiettivo di creare uno spazio di commento indipendente e fuori dal coro sul contesto politico-economico del paese.