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Berlusconi e Tremonti ne approfittino

La strada verso la crescita

La relazione di Draghi ha indicato i passaggi per superare le difficoltà economiche

di Enrico Cisnetto - 03 giugno 2008

Draghi ha fatto (bene) i compiti, ora a Berlusconi e Tremonti non resta che copiare. Il Governatore della Banca d’Italia, nella sua stringata ed essenziale quanto apprezzata relazione, ha indicato la strada che il nuovo Governo dovrebbe imboccare per portare il Paese – che ha “desiderio, ambizione e risorse” quanto basta – fuori dalle secche di una crisi da mancata crescita, che è più utilmente misurabile con il decennale aumento del divario di produttività rispetto ai nostri principali concorrenti, piuttosto che con la sola dinamica del pil, che pure risente di una forte contrazione dei consumi. Se, dunque, il Berlusconi IV vorrà introdurre la novità – che Draghi ha salutato con prudente ma esplicito apprezzamento – di una sorta di “Finanziaria triennale” che sostituisce quel libro dei sogni che negli ultimi anni è diventato il Dpef, ecco che la traccia è bella che disegnata: crescere, crescere, crescere.

Come? Con un mix di scelte di politica economica di chiaro stampo liberale, senza però ossessioni mercatiste, tenendo bene a mente che la “debolezza ciclica” dell’economia italiana – a prescindere dal contesto internazionale, che pur essendosi rasserenato, non è ancora “in condizioni di normalità” – è destinata a durare “almeno per tutto questo anno”. La ricetta di Draghi non è particolarmente originale, ma suona come rivoluzionaria perchè poco o nulla è stato fatto nella direzione che la banca centrale indica ormai dall’inizio degli anni Novanta. Proviamo a schematizzare. Primo: giù le tasse – l’incidenza delle entrate fiscali sul pil è al 43,3%, appena due punti sotto il massimo storico toccato nel 1997, mentre le imprese italiane hanno sul groppone 8 punti percentuali di carico fiscale in più dei loro competitor – ma solo attraverso la via virtuosa della riduzione strutturale della spesa primaria corrente, che nell’ultimo decennio è cresciuta di oltre due punti all’anno oltre l’inflazione. Secondo: il pil dipende dalla competitività, e questa dalla produttività di tutti i fattori. Del lavoro, che però deve coniugare la flessibilità con una maggiore protezione sociale, e del capitale, visto che la “gran parte del sistema produttivo è al riparo dalla concorrenza internazionale”. Qui vale la pena di sottolineare che Draghi non commette l’errore che molti fanno di sopravvalutare la quantità e il peso di quelle parti del tessuto produttivo che “hanno iniziato a ristrutturarsi”, dando una spinta importante all’export, con il grosso del capitalismo nostrano, ancora vittima dei suoi storici motivi di arretratezza.

Terzo: il rilancio dei consumi è indispensabile, abbassando il prelievo fiscale e contributivo sulla busta paga. Quarto: occorre ripensare il meccanismo perverso – tanti soldi, poco sviluppo – che ha tenuto indietro il Mezzogiorno, che ha produttività e occupazione inferiori di un quinto rispetto al Centro-Nord. Qui Draghi non sposa la linea del decentramento a tutti i costi, e anzi pone paletti precisi per il federalismo fiscale, mostrandosi estraneo alle tendenze più gettonate. Quinto: bisogna realizzare la crescita senza aggravi di bilancio. Dopo aver tributato il doveroso riconoscimento a Prodi e Padoa-Schioppa per il risanamento, seppure parziale, conseguito negli ultimi due anni, il Governatore ha espresso fondati timori di un cambio di tendenza ed è tornato a richiedere, seppure nel medio periodo, un intervento forte sulle pensioni: rimuovendo vincoli e disincentivi al proseguimento del lavoro per chi sta nel regime retributivo, ampliando i margini di scelta dell’età di pensionamento per chi invece sta nel regime contributivo. Argomenti, questi, che per ora il governo Berlusconi sembra aver accantonato in nome della “pace sociale”.

Naturalmente nelle “considerazioni finali” non manca la parte dedicata alle banche, che Draghi sollecita ad approfittare del loro essere uscite tutto sommato indenni dallo tsunami della crisi finanziaria internazionale per adeguare patrimonio, organizzazione e governance societaria e per mettersi maggiormente in sintonia con la clientela, specie sul fronte del risparmio gestito. Insomma, il diligente Draghi i compiti li ha fatti. Ora spetta al duo Berlusconi-Tremonti approfittare dell’opportunità e trasferire nella Finanziaria “nuovo modello” quanto più possibile c’è scritto, e lasciato intendere, nella relazione della Banca d’Italia.

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