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No a spettacolarizzazioni e falsa comprensione

La sagra del trucido e dell’ipocrisia

Sulla vicenda di Lapo Elkann il peggio della malainformazione e del buonismo

di Redazione - 12 ottobre 2005

C’è chi parla delle vittime eccellenti della cocaina in Italia. C’è chi ospita interviste a personaggi autorevoli, insieme all’intervista al trans Patrizia e alle immancabili “ricostruzioni ora-per-ora” dell’ultima notte. La parola “cocaina” compare raramente, notano in molti, come anche “transessuale” e “travestito”. Ma è nella natura stessa delle cose che sui giornali ci sia molta prudenza su Lapo Elkann.
Molti preferiscono affrontare il tema di striscio, e fanno parlare lo psicologo; altri si buttano sul sociale (o sociologico), parlando della cocaina come della droga dei ricchi. E denunciando le indulgenze e i moralismi che la circondano. Lapo è definito “un bravo ragazzo” da tutti. Sul comunicato dell’Ufficio Stampa della Fiat, che ancora a metà pomeriggio definiva “destituita di ogni fondamento” la notizia del ricovero di Lapo, è stato steso un velo pietoso.

Ai media italiani nessuno fischia il famoso “fallo di confusione” per il caso-Lapo: anche se l’impressione è proprio che cerchino di discutere di tutt’altro, senza una chiave interpretativa forte (la caduta in rovina del rampollo di Casa Agnelli come metafora del declino del ramo nobile del capitalismo italiano, ad esempio). Si cerca di far passare la nottata, allineati e coperti, attenti a non farsi scappare un aggettivo di troppo che offenda chi non deve essere offeso, ma molto puntuali nell’inseguire quel punto di share che può permettere di battere la rete concorrente. Spettacolarizzare senza offendere; far sentire il pubblico a casa da un lato immedesimato nella tragedia (specialmente i genitori), dall’altro sgomento (i coetanei del rampollo e i più giovani). In questo tentativo Vespa ha doppiato l’emulo Mentana, forse meno avvezzo a intrattenere famiglie sui divani. Intanto Alain Elkann “si vergogna di essere italiano” perché Vespa l’ha invitato a Porta a Porta a parlare di quello che è successo, denunciando la spettacolarizzazione di un dramma privato e familiare. Anche Cogne era un dramma privato e familiare, ma in quel caso, evidentemente, Elkann non aveva niente da ridire.
In deficit di credibilità la classe politica, incapaci i giornali di parlare di dare una chiave interpretativa forte. Sono passati più di cinquanta anni, ma il famoso aforisma di Flaiano sembra scritto oggi: in Italia la situazione resta grave, ma non seria.

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