Gli ex AN insoddisfatti del berlusconismo
La pattuglia dei guastatori
Gianfranco Fini e il futuro (suo e della libertà)di Elio Di Caprio - 10 novembre 2009
Gianfranco Fini è di destra o di sinistra? Sembra questo il grande dilemma che tiene banco da mesi tra spiegazioni e sospetti. Il rebus sarà sciolto, se mai sarà sciolto, solo dopo le elezioni regionali.
Intanto il Presidente della Camera guarda oltre, vuol “fare futuro” –è il nome della Fondazione del Presidente della Camera – a partire dalla grande cesura del crollo del muro di Berlino per parlare ai giovani ora ventenni che nulla sanno del vissuto precedente, un’epoca per loro quasi remota.
Ci si può confrontare con il futuro buttando al macero la narrazione precedente perché inservibile– il Presidente della Camera lo fa nel suo saggio, appena uscito, sul futuro della libertà- ma mancano ancora gli strumenti filosofici o sociologici per affrontare l’ignoto del mondo che verrà e le sue insidie (anche alla libertà). Non rimane per il momento che ricorrere ed accontentarsi di slogans e frasi fatte.
Ci ha provato a fare futuro a modo suo Giulio Tremonti con il suo noto saggio sulla paura e la speranza di due anni fa. Nel descrivere i malanni finanziari a cui saremmo e siamo andati incontro il nostro Ministro dell’Economia però non ha potuto fare a meno di rapportarsi ad avvenimenti e storie passate, ad interpretazioni già note che risalgono addirittura agli anni ’30 del secolo scorso, al periodo della “rivoluzione conservatrice” Se è difficile fare e prevedere il futuro (dell’Italia, dell’Europa, del mondo intero?) sembra diventato persino arduo se non inutile, per la destra come per la sinistra, fare il passato, ricostruire il passato in una società che tutto dimentica e poco testimonia, continuamente stressata dalla propaganda e dalle immagini segmentate degli spot, dove fa sempre più fatica ad emergere un nesso, una narrazione condivisa e coerente.
Ma basta l’ansia del nuovo a far dimenticare origini e radici? Stando a quanto succede o a quanto appare che succeda nel “melting pot” delle ideologie in cui tutti gli esponenti politici italiani si sono infilati e precipitati, Giulio Tremonti sembra più a destra del “sinistro” Gianfranco Fini, nel PD al Veltroni che non è stato mai comunista è succeduto il Bersani che tale non si dichiara (ancora) per non perdere consensi, al centro Casini e i suoi non riescono a trovare un nuovo centro di gravità.
Silvio Berlusconi, colui che ha sparigliato il vecchio sistema di partiti, è convinto che il presente e il fare cancellino il passato e siano più importanti delle ideologie salvo poi a farvi ricorso per mettere nell’angolo il nemico comunista di sempre. La sua propaganda è moderna, non c’è che dire, poco futurista, tutta centrata sul presente del messaggio televisivo e dei sondaggi, ma pericolosa perché il Cavaliere rischia di essere egli stesso sparigliato e spiazzato dalle troppe aspettative che suscita. Riuscirà il “cane sciolto” Gianfranco Fini a capo della pattuglia di guastatori ex AN a superare il presente berlusconiano e con quali mezzi ed idee-forza oltre le continue prese di distanza ed ora con una sorta di saggio- manifesto alternativo all’attuale cultura, se cultura è, del nostro Paese? Si potrebbe legittimamente domandare a Fini dove siano finite le idee-forza evocate dal suo vecchio mentore Giorgio Almirante, dove è finita la polemica presidenzialista, l’insofferenza per il regime di “ lorsignori”, la giustizia sociale e la partecipazione, la rivendicazione della dignità nazionale e del senso dello Stato a fronte dei tanti centri, palesi e occulti, di potere. Tutto superato dopo la caduta del muro di Berlino?
Cittadinanza agli stranieri e fecondazione assistita sono le idee e le passioni del futuro? Certo non avrebbe senso ora rivendicare le ragioni degli sconfitti come faceva Almirante (ben prima che se ne accorgesse Giampaolo Pansa) quando lo scenario è a tal punto mutato da rendere naturale ed accettato vedere nelle cerimonie celebrative della Repubblica uno accanto all’altro tutti gli ex reprobi del MSI, da Fini, a La Russa, ad Alemanno, grazie ai loro incarichi istituzionali.
Ex fascisti ed ex comunisti assieme si potrebbe dire senza che alcuno si offenda (è fare passato?) quando a loro si aggiunge un capo dello Stato come Giorgio Napolitano che tutti ci rappresenta al massimo livello dopo una militanza comunista di lungo corso.
Conta dunque solo il presente e tutto il passato dell’altro secolo è da gettare alle ortiche. Quali idee- forza potrebbero essere mai trasmesse alle nuove generazioni che non sanno nulla né del PCI, né del MSI e tra poco neanche dell’ex AN se non quelle delle veline e dei saltimbanchi- politici e no- alla Daniela Santanchè o alla Fabrizio Corona che invadono i nostri palinsesti televisivi, molto più influenti dei saggi di Tremonti, di Fini o di Bruno Vespa, letti da una minoranza?
Cosa rimane per il presente ed il futuro? Le idee forza dunque non valgono più e ne sanno qualcosa quelli della sinistra orfani a vita delle antiche certezze, dal marxismo all’antifascismo. Ma la destra (quella ex AN) ha malesseri analoghi se non equivalenti alla sinistra per una narrazione interrotta. Sta qui una delle ragioni più vere per cui è ora la sinistra a guardare con più simpatia e consonanza l’ecumenico Fini che, rifiutando un’eredità precisa, va oltre e ripudia elegantemente le certezze di cui non è più certo nessuno.
La pattuglia acrobatica degli ex AN è continuamente intervistata dall’“Unità”, suscita simpatia in coloro che a sinistra non si erano accorti, prima di Berlusconi, che c’è destra e destra e le demonizzazioni non servono più. Sembra paradossale ma è un fenomeno solo italiano che dopo l’89 le idee-forza di una volta siano state sostituite da un prodotto di seconda serie, dal berlusconismo e dal suo contrario, creando incertezze e malumori attorno a un’alternativa che non può reggere.
Il corollario seguente e ancor più inquietante è che lo stesso Fini che deve il potere suo e degli ex camerati all’ accrocchio di lunga data con Berlusconi e con la Lega sta diventando il nuovo fiduciario della sinistra. Preparare il futuro in queste condizioni? Difficile per destra e sinistra. Al massimo si può fare futuro prossimo e di corta gittata, salvando per quello che è possibile un minimo di stile e di coerenza.
Ci si può confrontare con il futuro buttando al macero la narrazione precedente perché inservibile– il Presidente della Camera lo fa nel suo saggio, appena uscito, sul futuro della libertà- ma mancano ancora gli strumenti filosofici o sociologici per affrontare l’ignoto del mondo che verrà e le sue insidie (anche alla libertà). Non rimane per il momento che ricorrere ed accontentarsi di slogans e frasi fatte.
Ci ha provato a fare futuro a modo suo Giulio Tremonti con il suo noto saggio sulla paura e la speranza di due anni fa. Nel descrivere i malanni finanziari a cui saremmo e siamo andati incontro il nostro Ministro dell’Economia però non ha potuto fare a meno di rapportarsi ad avvenimenti e storie passate, ad interpretazioni già note che risalgono addirittura agli anni ’30 del secolo scorso, al periodo della “rivoluzione conservatrice” Se è difficile fare e prevedere il futuro (dell’Italia, dell’Europa, del mondo intero?) sembra diventato persino arduo se non inutile, per la destra come per la sinistra, fare il passato, ricostruire il passato in una società che tutto dimentica e poco testimonia, continuamente stressata dalla propaganda e dalle immagini segmentate degli spot, dove fa sempre più fatica ad emergere un nesso, una narrazione condivisa e coerente.
Ma basta l’ansia del nuovo a far dimenticare origini e radici? Stando a quanto succede o a quanto appare che succeda nel “melting pot” delle ideologie in cui tutti gli esponenti politici italiani si sono infilati e precipitati, Giulio Tremonti sembra più a destra del “sinistro” Gianfranco Fini, nel PD al Veltroni che non è stato mai comunista è succeduto il Bersani che tale non si dichiara (ancora) per non perdere consensi, al centro Casini e i suoi non riescono a trovare un nuovo centro di gravità.
Silvio Berlusconi, colui che ha sparigliato il vecchio sistema di partiti, è convinto che il presente e il fare cancellino il passato e siano più importanti delle ideologie salvo poi a farvi ricorso per mettere nell’angolo il nemico comunista di sempre. La sua propaganda è moderna, non c’è che dire, poco futurista, tutta centrata sul presente del messaggio televisivo e dei sondaggi, ma pericolosa perché il Cavaliere rischia di essere egli stesso sparigliato e spiazzato dalle troppe aspettative che suscita. Riuscirà il “cane sciolto” Gianfranco Fini a capo della pattuglia di guastatori ex AN a superare il presente berlusconiano e con quali mezzi ed idee-forza oltre le continue prese di distanza ed ora con una sorta di saggio- manifesto alternativo all’attuale cultura, se cultura è, del nostro Paese? Si potrebbe legittimamente domandare a Fini dove siano finite le idee-forza evocate dal suo vecchio mentore Giorgio Almirante, dove è finita la polemica presidenzialista, l’insofferenza per il regime di “ lorsignori”, la giustizia sociale e la partecipazione, la rivendicazione della dignità nazionale e del senso dello Stato a fronte dei tanti centri, palesi e occulti, di potere. Tutto superato dopo la caduta del muro di Berlino?
Cittadinanza agli stranieri e fecondazione assistita sono le idee e le passioni del futuro? Certo non avrebbe senso ora rivendicare le ragioni degli sconfitti come faceva Almirante (ben prima che se ne accorgesse Giampaolo Pansa) quando lo scenario è a tal punto mutato da rendere naturale ed accettato vedere nelle cerimonie celebrative della Repubblica uno accanto all’altro tutti gli ex reprobi del MSI, da Fini, a La Russa, ad Alemanno, grazie ai loro incarichi istituzionali.
Ex fascisti ed ex comunisti assieme si potrebbe dire senza che alcuno si offenda (è fare passato?) quando a loro si aggiunge un capo dello Stato come Giorgio Napolitano che tutti ci rappresenta al massimo livello dopo una militanza comunista di lungo corso.
Conta dunque solo il presente e tutto il passato dell’altro secolo è da gettare alle ortiche. Quali idee- forza potrebbero essere mai trasmesse alle nuove generazioni che non sanno nulla né del PCI, né del MSI e tra poco neanche dell’ex AN se non quelle delle veline e dei saltimbanchi- politici e no- alla Daniela Santanchè o alla Fabrizio Corona che invadono i nostri palinsesti televisivi, molto più influenti dei saggi di Tremonti, di Fini o di Bruno Vespa, letti da una minoranza?
Cosa rimane per il presente ed il futuro? Le idee forza dunque non valgono più e ne sanno qualcosa quelli della sinistra orfani a vita delle antiche certezze, dal marxismo all’antifascismo. Ma la destra (quella ex AN) ha malesseri analoghi se non equivalenti alla sinistra per una narrazione interrotta. Sta qui una delle ragioni più vere per cui è ora la sinistra a guardare con più simpatia e consonanza l’ecumenico Fini che, rifiutando un’eredità precisa, va oltre e ripudia elegantemente le certezze di cui non è più certo nessuno.
La pattuglia acrobatica degli ex AN è continuamente intervistata dall’“Unità”, suscita simpatia in coloro che a sinistra non si erano accorti, prima di Berlusconi, che c’è destra e destra e le demonizzazioni non servono più. Sembra paradossale ma è un fenomeno solo italiano che dopo l’89 le idee-forza di una volta siano state sostituite da un prodotto di seconda serie, dal berlusconismo e dal suo contrario, creando incertezze e malumori attorno a un’alternativa che non può reggere.
Il corollario seguente e ancor più inquietante è che lo stesso Fini che deve il potere suo e degli ex camerati all’ accrocchio di lunga data con Berlusconi e con la Lega sta diventando il nuovo fiduciario della sinistra. Preparare il futuro in queste condizioni? Difficile per destra e sinistra. Al massimo si può fare futuro prossimo e di corta gittata, salvando per quello che è possibile un minimo di stile e di coerenza.
L'EDITORIALE
DI TERZA REPUBBLICA
Terza Repubblica è il quotidiano online fondato e diretto da Enrico Cisnetto nato nel 2005 dall'esperienza di Società Aperta con l'obiettivo di creare uno spazio di commento indipendente e fuori dal coro sul contesto politico-economico del paese.