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Berlino, Parigi e Francoforte

La partita europea di Letta

L'errore da evitare: cercare coesione interna alla maggioranza sul terreno facile ma scivoloso del “tutti contro la Merkel

di Enrico Cisnetto - 03 maggio 2013

Caro Letta, caro Saccomanni, cara Bonino, caro Moavero, sappiamo bene che la partita più difficile che dovrete affrontare sarà quella da giocare in Europa. Per vincerla occorrono due consapevolezze: che i problemi della nostra economia sono da ricondurre prima di tutto agli errori e ai ritardi della politica e degli attori sociali italiani, il che non toglie che abbiano un peso non indifferente le scelte sbagliate ed egoiste della Germania; che senza la soluzione delle contraddizioni insiste nell’eurosistema ogni sforzo nazionale, di risanamento e di rilancio, sarà vano.

Sappiamo che l’Italia non può competere con la Germania se le sue imprese hanno accesso al credito in termini completamente diversi da quelle tedesche, ergo un mercato unico con moneta unica non regge senza un sistema bancario unico, e condizioni univoche di accesso al credito. Ovviamente, la Germania non ha alcun interesse immediato a rinunciare all’attuale “rendita di posizione”, che le consente di finanziare lo Stato a tassi di interesse reali negativi, e di finanziare le imprese a tassi infimi, creando un delta competitivo con chi è costretto a fare impresa con denaro più caro e, come nel caso dell’Italia, più raro. Ma se l’alternativa a tale rinuncia non viene presentata in termini espliciti – e cioè la divisione dell’eurozona, o a causa dell’uscita della Germania stessa, o a causa della rinuncia da parte dei paesi mediterranei – i tedeschi, specie in questa fase pre-elettorale, non si sposteranno di un millimetro dalle loro posizioni.

Però, al fine di rendere efficace questo deterrente, occorre iniziare a renderlo attendibile con politiche interne serie, tali da togliere alibi a Berlino e conquistarsi la credibilità necessaria a dimostrare ai tedeschi che la convergenza bancaria non è alternativa ma complementare alle riforme strutturali. In secondo luogo, occorre fare un viaggio a Parigi per spiegare ai francesi che a loro non conviene affatto una esplosione dell’eurozona – perché in un caso si troverebbero “germanizzati” senza averlo scelto, e con un’industria incapace di assorbire una forte rivalutazione monetaria, e nell’altro perderebbero la possibilità di continuare a finanziarsi a tassi bassi – e che l’unione bancaria risolverebbe i loro problemi più e meglio del ricorso al deficit spending.

Il terzo passo, infine, va fatto a Francoforte. Con la consapevolezza che le misure sedative varate dalla Bce, pur essendo state le uniche manifestazioni di esistenza di una qualche politica europea, hanno il paradossale effetto di indurre a credere che non sia necessario altro. Saccomanni e Draghi parlano la stessa lingua, si capiranno.

A tutti un invito finale: evitate di cercare la difficile coesione interna al governo e alla maggioranza sul terreno facile ma scivoloso del “tutti contro la Merkel”.

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Terza Repubblica è il quotidiano online fondato e diretto da Enrico Cisnetto nato nel 2005 dall'esperienza di Società Aperta con l'obiettivo di creare uno spazio di commento indipendente e fuori dal coro sul contesto politico-economico del paese.