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Dopo 15 anni di instabilità urge un intervento

La pace dei Balcani nelle mani dell’Ue

La presentazione del rapporto della Commissione internazionale sull’area balcanica

di Antonio Picasso - 09 maggio 2005

Da Sarajevo a Sarajevo, passando per un secolo di guerre e giungendo alla pace e all’integrazione con l’Unione europea. Questo è l’obiettivo che si è posta la Commissione internazionale sull’area balcanica, presieduta da Giuliano Amato.

Nata nel 2004, sostenuta da fondazioni europee e statunitensi e composta da osservatori che vantavano esperienze di governo, chi negli Stati Uniti, chi in Europa occidentale, chi nei Balcani, la Commissione ha reso pubblico il suo rapporto finale il 12 aprile. Inoltre, il 29 aprile lo stesso rapporto è stato presentato al Ministero degli Esteri, alla presenza di Gianfranco Fini, il quale ha espresso la sua piena approvazione del lavoro.

A dieci anni da Dayton e a sei dall’intervento Nato in Kosovo, i Balcani vivono ancora una fase transitoria, fatta di compromessi internazionali tutt’altro che solidi. Si guardi al Kosovo, per esempio. Dopo la resa di Milosevic, la regione resta formalmente una provincia della Serbia, ma la sua sovranità è affidata a uno zoppicante protettorato dell’Onu, che non seda le tensioni tra le due etnie che vi abitano. Perché per i kosovari albanesi, questo status rappresenta l’anticamera per l’indipendenza, mentre per i serbi altro non è che la perdita del loro legame diretto con Belgrado. E al Kosovo non decollato, si affiancano la Macedonia, reduce da una sostanziale guerra civile all’inizio del 2001, la Bosnia Erzegovina, epicentro, all’inizio degli anni Novanta, dell’implosione jugoslava, e la Serbia, che se fosse libera forse avrebbe delle prospettive future migliori. La situazione è ancora più drammatica se si pensa alla crisi sociale ed economica che vessa la popolazione balcanica. Le forze radicali ed estremiste, infatti, continuano a esercitare una pressione notevole sull’opinione pubblica, aizzandola alla separazione e all’odio etnico. E fra i dati più sconcertanti, raccolti dalla Commissione, è che i giovani, i più aperti ai valori dell’Europa e i più interessati a frequentarla, hanno enormi difficoltà a venire nei nostri Paesi. Si pensi che più del 70% degli studenti serbi non ha mai viaggiato all’estero. Una difficoltà accentuata anche dalla burocrazia europea e dalla costosa mole di documenti che richiede per concedere un visto.

Al rapporto ha fatto inoltre seguito un intervento di Gianfranco Fini sul Corriere della Sera del del 30 aprile. Si tratta, ha sottolineato il titolare della Farnesina, di un problema bilaterale, che deve essere affrontato sia dai governi nazionali balcanici, sia dalla Ue. La popolazione balcanica ha diritto alla pace, alla prosperità e alla stabilità. Tuttavia, affinché questa aspirazione si realizzi, bisogna che l’Unione europea intervenga. E la proposta concreta, che la Commissione presenta, è l’ingresso nell’Unione di tutta la regione entro il 2014. Esattamente cento anni dopo lo sparo di Gavrilo Prinčip che fece esplodere la Prima guerra mondiale. Perché la riunificazione dell’Europa potrà considerarsi davvero compiuta solo quando avrà saputo includere anche questa parte essenziale del nostro continente.

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