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La partita a scacchi della politica riprende

La mossa del cavallo, atto secondo

Il movimento riformista scuote, da dentro e da fuori, i partiti e fa ben sperare nel rinnovamento della politica italiana

di Lorenzo Lo Basso - 10 giugno 2005

Eppur si muove. Il motore immobile della nostra odiata-amata politica di palazzo ha dato un sussulto. La mossa di Francesco Rutelli – scissione dall’Ulivo e creazione di una lista separata per le prossime politiche nel proporzionale – della scorsa settimana ha dato una decisa svolta al palinsesto politico, ingessato fin dai tempi del cappotto delle regionali. Dopo le ultime elezioni amministrative si pensava infatti che la minuta speranza riformista fosse stata sepolta viva dallo straripamento di voti della sinistra e dalla conseguente ed automatica legittimazione di Prodi. Fortunatamente i timori di immobilismo non si sono materializzati, e adesso si intravedono ulteriori smarcamenti e distinguo che difficilmente lasceranno l’orizzonte politico immutato. Mentre invece feriti e acciaccati non dovrebbero mancare.

Così se da una parte Rutelli getta ponti sull’ipotesi di un centro autonomo dai due leader Prodi e Berlusconi – fin troppo simili ultimamente nelle dichiarazioni e nelle proposte – dall’altra Tabacci li raccoglie. Follini dal canto suo non perde tempo per puntare i piedi sul partito unitario del centrodestra, e coglie una duplice occasione. Ovvero evitare che il proprio partito scompaia in un nebuloso “partito unico del centro-destra” e blindare la propria leadership, che appariva traballante. Il segretario dell’Unione dei Democratici Cristiani e Democratici di Centro, non dimenticando che il suo ingresso nel Governo fu imposto con la minaccia di un congresso destituente, non ha esitato a reagire prendendo posizioni distinte e re-inventando la linea del partito. Tutto questo mentre sia il Professore che Berlusconi si sentono il terreno franare sotto i piedi, e, nel tentativo di arginare la frana, non fanno che velocizzare il terremoto. I rispettivi inviti all’unità sono fuori tempo massimo, voci sommerse dal fragore generale, le proposte federative appaiono già vecchie, perché la proposta di uno assomiglia drammaticamente a quella dell’altro.

La decisione di Rutelli quindi, seppur ampiamente sbeffeggiata – anche come “mossa della cicoria” – in realtà ha dato un impulso forte alla politica, e si sta propagando, come un vitale elettroshock, in un corpo che pareva sclerotizzato.

E mentre i partiti fanno finalmente i conti con le proprie contraddizioni, ritrovandosi a corto di idee, bisogna auspicarsi che i movimenti continuino. Lasciando però indietro gli incapaci di cambiare, facendo invece emergere coloro ancora in grado di fare politica. Capaci di fare delle scelte innovatrici – in ogni senso – e di difenderle.

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