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Addio alla Lady di ferro

La moltpilicazione dei liberaltrasformisti

Speriamo che Margharet Thatcher, non potendo vedere tutto questo, ora riposi davvero in pace.

di Enrico Cisnetto - 12 aprile 2013

Appartengo alla schiatta, esigua, di chi non ha né amato né vilipeso la signora Thatcher. Da keynesiano quale sono, non avrei mai potuto stare dalla parte della sua rivoluzione. Ma da liberaldemocratico quale sono, non potevo non apprezzare quel suo richiamo costante alla responsabilità individuale – che non significa necessariamente esaltazione dell’egoismo e dell’individualismo – tanto più vivendo in un paese cattocomunista come il nostro, avvezzo alla deresponsabilizzazione in nome di una distorta cultura della socialità. Oggi, però, di fronte alla sua morte, provo rimpianto per quella Lady di ferro. Perché con lei se ne va, definitivamente, una generazione di statisti con gli attributi, capaci di assumersi l’onere delle decisioni anche se impopolari, come non ce ne sono più. Purtroppo. E se c’è un momento in cui maggiormente se ne sente la mancanza è proprio questo. In Italia e in Europa.

Secondo quanto raccontato dalla famiglia, la Thatcher negli ultimi anni era sprofondata in una demenza senile che l’aveva privata della sua infallibile memoria. Forse si può dire che non tutto quel male venne per nuocerle. Si è infatti risparmiata la visione di una crisi finanziaria mondiale figlia, anche, del liberismo mercatista che l’inquilina più celebre di Downing Street ha sempre predicato, e che ha portato la sua Gran Bretagna a nazionalizzare le banche in difficoltà. E si è risparmiata pure la visione di una classe dirigente, in Europa ma per molti versi anche negli Stati Uniti, priva di visione strategica e affetta dal morbo indecisionismo.

Una vicenda triste, la perdita di memoria, e anche contagiosa. Pare, infatti, che si sia trasmessa ai suoi vecchi e nuovi emuli italici. In particolare, a coloro che, a sinistra, dopo aver passato la vita a demonizzare profitto e capitalismo hanno saltato il fosso – forse per farsi perdonare il peccato originale – diventando, di colpo, teorici del mercato senza vincoli (salvo poi pentirsi e rimanere apolidi). E a coloro che, a destra, da seguaci del liberismo puro e duro della Thatcher hanno intrapreso uno spettacolare percorso cultural-filosofico, passando prima al “colbertismo dolce” e poi al “comunismo di mercato” con tendenza Robin Hood. A tutti la memoria corta fa brutti scherzi.

Pensate a Berlusconi, che si è sempre vantato di avere il ritratto della Thatcher in camera da letto (forse sarà meglio spostarlo altrove), ma poi quando era a palazzo Chigi somigliava più a Lord Chamberlain, quello dell’appeasement, che non a colei che mise in ginocchio le “trade unions” dei minatori. Speriamo che, essendosi dimenticata di tutto questo, ora riposa in davvero in pace.

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Terza Repubblica è il quotidiano online fondato e diretto da Enrico Cisnetto nato nel 2005 dall'esperienza di Società Aperta con l'obiettivo di creare uno spazio di commento indipendente e fuori dal coro sul contesto politico-economico del paese.