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Istanbul e la vicenda dell’editrice cristiana

La lezione della Turchia laica

Sia chiaro: il fondamentalismo si combatte a Kabul, non in piazza a Milano

di Davide Giacalone - 19 aprile 2007

A Malatya, in Turchia, sono stati scannati tre cristiani, impegnati a stampare la Bibbia, ma il coltellaccio che ha tagliato la loro gola tenta anche di far affogare nel sangue la grande, e positiva, anomalia turca: lo Stato laico, kemalista. L’esercito terrorista dell’antioccidentalismo in salsa islamica sceglie con cura i suoi obiettivi. In Iraq gli attentati lavorano al protrarsi della guerra civile, a rendere impossibile la stabilizzazione di un Paese dove masse di cittadini hanno partecipato a libere elezioni e, quindi, a rendere indispensabile una presenza militare straniera che pesa molto sulle opinioni pubbliche dei Paesi da cui i soldati (ed i soldi) provengono.

In Afghanistan si punta ad indebolire la coalizione militare occidentale, mettendo in mostra le diverse condotte, il diverso approccio degli alleati, mettendo i loro governi nei guai con i rapimenti ed i ricatti. In Turchia si punta a colpire l’idea che possa esistere uno Stato laico con una popolazione islamica. Erdogan è il nemico di questi fondamentalisti, perché con la sua stessa esistenza testimonia che una guida d’ispirazione islamica non è necessariamente eguale al delirio teocratico iraniano. Nel reagire contro gli assassini, dunque, non si dimentichi che il nostro mondo è il loro nemico, così come lo è il kemalismo turco. Siamo, insomma, noi ed i turchi, dalla stessa parte ed è nostra convenienza rendere loro più semplice, e non più difficile, resistere all’assalto dell’esercito fondamentalista.

Tutto questo, oltre tutto, dovrebbe servire a chiarire le idee a qualche pacifista con principi e testa in confusione: noi non ci conquisteremo la pace ritirandoci dai Paesi dove lo scontro è diretto e frontale, perché se ci ritirassimo non avremmo altro effetto che portarci la guerra in casa, lasciando quelle popolazioni alla peggior sorte. Detto con cinismo: il contrasto al fondamentalismo è meglio farlo a Kabul che non a Milano. E la riaffermazione della possibile e necessaria convivenza fra uomini di diversa fede è meglio metterla alla prova ad Istanbul, piuttosto che a Roma. Se fosse chiaro, sarebbe già un passo avanti.

www.davidegiacalone.it

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