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Referendum sulla devolution: uno spartiacque

La Lega Nord resterà a destra?

Con un governo Prodi bisognoso di sostegno, potrebbe nascere un federalismo di sinistra

di Antonio Gesualdi - 03 maggio 2006

E se la Lega Nord riaprisse il fascicolo della sinistra? Tra le tante che si sono viste, scritte e lette durante la due-giorni parlamentare per le elezioni dei presidenti di Camera e Senato, ai più attenti, non saranno sfuggite le piccole cronache dei saluti, delle pacche sulle spalle e degli ammiccamenti tra "esponenti di spicco" della Lega Nord e della sinistra. Di che cosa avranno parlato questi "esponenti di spicco"?
Forse del discorso di Pontida tenuto da Umberto Bossi nel lontano 1993. Allora Bossi chiarì che la Lega Nord non era e non è un partito che sta nel sistema e quindi si colloca di qua o di là, ma la Lega Nord è un movimento che vuole cambiare il sistema e dunque combatte anche la partitocrazia. Un modo politichese per dire che la Lega Nord combatte, sì, la partitocrazia, ma lo fa con qualsiasi mezzo per raggiungere l"obiettivo del federalismo, anche facendosi partito e coltivando "esponenti di spicco". E siamo al dunque.
Il prossimo mese la Lega Nord arriva al dunque della propria storia politica delle origini. Il referendum sulla devolution sarà lo spartiacque: se riesce la Lega Nord continuerà a stare a destra e ad essere percepito come partito di destra. Del resto prende i voti nel Nord Italia dove – se fosse vero che il Paese è spaccato in due – c"è un gran bel pezzo di italiani che non ha votato i partiti che appoggiano Prodi. Se la devolution non passerà la Lega Nord torna punto e capo: ovvero torna ad essere movimento... in movimento. Ecco cosa spiega gli ammiccamenti tra "esponenti di spicco".
Il governo Prodi avrà bisogno di sostegno esterno, di desistenza tra le fila delle opposizioni, di ricucire in qualche modo il distacco e il sospetto nei suoi confronti degli italiani del Nord. E chi meglio di una Lega Nord in difficoltà potrà trovare spazi tra le fila di un governo di centro-sinistra il difficoltà?
Più forte ancora potrebbe essere la tentazione di questi "esponenti di spicco" della sinistra a trattare ancora prima del referendum. In cambio della devolution – che comunque si potrà sempre cambiare – il governo Prodi potrebbe assicurarsi l"appoggio prezioso della Lega Nord (forse anche la presidenza della Repubblica, finalmente, ad un ex comunista) e almeno una qualche desistenza del Nord.
E se vale la regola che senza il Nordest (almeno) il Paese non si governa il passaggio potrebbe essere obbligato.
Se così fosse il berlusconismo (ovvero l"asse Bossi-Berlusconi) verrà completamente superato e si realizzerà la vera spaccatura del nostro Paese: il Centro Italia (quasi tutto di sinistra) incollato al Nordest (quasi tutto leghista) e il resto degli italiani alla ricerca di una qualche rappresentanza moderata, cattolica e liberale.
Quegli "esponenti di spicco", sia di sinistra che leghisti, sappiano che la vera frattura del nostro Paese è proprio in questo modello: da una parte l"autoritarismo leghista e comunista e dall"altra il liberalismo laico e cattolico. Se questi due autoritarismi vengono diluiti a destra e a sinistra va ancora bene, ma se si dovessero saldare si tratterebbe comunque di una saldatura tra due aree minoritarie: la saldatura politica tra le "regioni rosse" e le "regioni bianche", di fatto, significherebbe l"esclusione del resto del Paese e l"inizio di grandi, vere, tensioni sociali.

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