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Non alimentiamo l’allarmismo per la “gripe suina”

La fiducia si infonde compiendo atti concreti

Sono necessarie riforme serie per curare la salute dell’economia mondiale

di Angelo De Mattia - 30 aprile 2009

E’ il sale sulla ferita, ancora non affatto rimarginata? E’ azzardato mettere a confronto l’ipotesi di pandemia che può essere indotta dall’influenza suina con la crisi finanziaria causata dai subprime e i relativi svolgimenti, anche se punti di vicinanza si potrebbero rinvenire negli iniziali comportamenti dell’uomo e delle autorità. Come in altre circostanze del genere, va pienamente accolto l’invito a non alimentare l’allarmismo per la “gripe suina”, nella certezza che non si tratti delle medesime sollecitazioni edulcoranti a suo tempo promosse dai diversi Governi a non considerare la vicenda dei mutui americani come una crisi che richiami quella del 1929.

Ci si potrebbe attestare, per il momento, sulla “preoccupazione” espressa dal Presidente Obama – che però ha indetto lo stato di emergenza in via precauzionale – e confidare, mentre casi di persone colpite si registrano in diversi Paesi anche europei, in una tempestiva e sapiente gestione della crisi sanitaria da parte delle istituzioni internazionali. Intanto, l’Organizzazione mondiale della sanità ha lanciato un calibrato allarme, elevando da 3 a 4 il livello di allerta (riguardanti il contagio da uomo a uomo).

Tuttavia, non si può trascurare che una crisi della specie potrebbe avere significativi riverberi, innanzitutto per gli impatti psicologici, sulla finanza e sull’economia, a livello globale: una finanza ed un’economia che non sono certo nelle migliori condizioni e che, solo da poco, sembrano dare qualche pallido segnale di rallentamento del peggioramento, come è stato detto, essendo opinione prevalente che il superamento della crisi non avverrà prima del 2010. Alla globalizzazione dei commerci, della finanza e degli uomini va aggiunta la globalizazzazione delle condizioni di salute delle persone (con gli aspetti positivi e quelli negativi).

Gli impatti dell’influenza messicana sul turismo e, in genere, sui collegamenti, sui trasporti potrebbero essere i primi a dover essere constatati e, di qui, a catena, i riflessi sugli altri settori, come insegnano le gravi epidemie e pandemie del passato, quando però non si aveva la panoplia per il contrasto oggi disponibile; di segno opposto gli impatti sul settore farmaceutico. Di solito è la medicina che suggerisce le metafore dell’economia e, qualche volta, il metodo: diagnosi, terapia, etc. Oggi sono le vicende vissute negli ultimi due anni nell’economia che ricordano alla medicina l’essenzialità di un vecchio adagio che la riguarda da sempre: principiis obsta, ripara subito per evitare che la medicina sia somministrata troppo tardi (sero medicina paratur).

Lo sforzo delle istituzioni e delle autorità deve essere massimo, innanzitutto per proteggere le vite umane - che costituiscono un fine, mai un mezzo – e poi per i riflessi sull’economia del globo e dei singoli Paesi. Occorreranno grande trasparenza e puntuale informazione sulla situazione e su come si sta operando per debellare il virus. E’ un dovere fondamentale dei Governi. Le vicende del marasma finanziario ricordano – dunque qualcosa insegnano - che non si infonde fiducia con generiche affermazioni; lo si fa, invece, indicando motivi razionali e compiendo atti concreti perché si possa essere fiduciosi; bisognerà prevenire ogni eventuale attività speculativa.

Poi andranno affrontati, nei Paesi interessati, anche quei problemi strutturali della sanità che sono alla base dei gravissimi fenomeni di contagio e che derivano dal prevalere di una smodata logica del profitto senza confini nello sfruttamento dell’agricoltura e nella gestione degli allevamenti (alcuni di questi ultimi, in Messico, costituirebbero, secondo quanto si dice, una bomba biologica).

Se, dunque, prioritaria è la tutela della vita umana, non si può trascurare che l’influenza suina dovrebbe costituire una spinta ulteriore alla reazione contro la recessione economica. Negli incontri recenti di Washington di G7, G20, Fondo monetario e Banca mondiale, pur rilevando alcuni segnali positivi, è stata sottolineata la necessità di rompere il circolo vizioso tra sistema finanziario ed economia reale. Ciò comporta una serie di interventi per la ripulitura dei bilanci delle banche dai titoli tossici, per la vigilanza su hedge fund e altre attività che oggi ne sono sottratte, per l’unificazione dei sistemi contabili. Ma comporta anche la necessità di un maggiore impulso all’economia reale, soprattutto nei Paesi che hanno adottato meno efficaci misure discrezionali.

In questo quadro, occorrerebbe avviare finalmente, in Italia, le riforme strutturali, che avrebbero una funzione compensativa degli ulteriori stimoli all’espansione e sarebbero fondamentali anche per prepararci alla fase in cui si uscirà dalla crisi. Se si inquadra in una logica di sviluppo e di lotta al precariato, l’avvio non spaventerebbe; aiuterebbe una positiva innovazione post crisi. Esiste, insomma, un ovvio collegamento tra cura della salute della persona e cura della salute dell’economia.

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