Più sicurezza, più giustizia, più soccorso
La disgrazia della scuola di Rivoli
Ad uccidere è stato il caso, ma ciascuno di noi ha delle colpedi Davide Giacalone - 25 novembre 2008
Allestire delle polemicuzze politiche anche sulla tragedia di Rivoli è disgustoso. Quella è una disgrazia, ma che sta dentro la realtà di un Paese disgraziato, in cui la responsabilità dell’accaduto si spalma su tutti, consentendo a ciascuno di tirarsene fuori. Quel tetto e quel tubo sono una fatalità, ma accaduta nell’ignominia di una legge sulla sicurezza, la 626, che vale per i privati e la si sospende per le scuole, per gli edifici pubblici in generale. La vergogna consiste nel fatto che se si applicassero alle scuole i criteri d’igiene e sicurezza che lo Stato impone ai privati, più della metà chiuderebbe subito. Ma lo Stato non chiede a se stesso quel che pretende dai cittadini.
Il sottosegretario Bertolaso è stato chiarissimo: non è un problema di soldi, quelli ci sono. Non si riesce a spenderli, perché il disfacimento pubblico genera commissioni, burocrazia, divisioni e conflitti fra poteri, per cui gli interventi non si fanno e, per rimediare, si continua a prorogare l’inefficacia della legge. Più che uno scandalo, un segnale di morte civile. Gli interventi urgenti non sono solo quelli edilizi, si deve correre a tenere in piedi l’edificio istituzionale, che sta venendo giù. Con urgenza assoluta si devono standardizzare le procedure, rendere trasparenti i processi decisionali, sapere sempre chi è responsabile di cosa. Non sarebbe di nessuna soddisfazione trovare il colpevole di quel che è successo in quella scuola, ma sapere che gli eventuali colpevoli pagherebbero di persona aiuta ad evitare che le tragedie si ripetano. Rendendo tutti irresponsabili, come lo sono i legislatori che prorogano e gli amministratori che si grattano la pancia, si può solo sperare che i soffitti reggano ed i piloni non si sfarinino.
Così procedendo, però, si rende plastica l’inutilità della politica e la superfluità dell’amministrazione, per cui lo Stato è buono solo quando cede alle corporazioni e paga gli interessi specifici, ed è cattivo quando dovrebbe fare il proprio dovere: sicurezza, giustizia, soccorso. Ad uccidere è stato il caso, ma per la lunga agonia del nostro vivere collettivo ciascuno di noi ha delle colpe. Io non ho visto che sinistra e destra sospendevano il diritto alla sicurezza. Per quanto le parole sembrino inutili, ho la colpa di non averlo denunciato.
Pubblicato su Libero di martedì 25 novembre
Il sottosegretario Bertolaso è stato chiarissimo: non è un problema di soldi, quelli ci sono. Non si riesce a spenderli, perché il disfacimento pubblico genera commissioni, burocrazia, divisioni e conflitti fra poteri, per cui gli interventi non si fanno e, per rimediare, si continua a prorogare l’inefficacia della legge. Più che uno scandalo, un segnale di morte civile. Gli interventi urgenti non sono solo quelli edilizi, si deve correre a tenere in piedi l’edificio istituzionale, che sta venendo giù. Con urgenza assoluta si devono standardizzare le procedure, rendere trasparenti i processi decisionali, sapere sempre chi è responsabile di cosa. Non sarebbe di nessuna soddisfazione trovare il colpevole di quel che è successo in quella scuola, ma sapere che gli eventuali colpevoli pagherebbero di persona aiuta ad evitare che le tragedie si ripetano. Rendendo tutti irresponsabili, come lo sono i legislatori che prorogano e gli amministratori che si grattano la pancia, si può solo sperare che i soffitti reggano ed i piloni non si sfarinino.
Così procedendo, però, si rende plastica l’inutilità della politica e la superfluità dell’amministrazione, per cui lo Stato è buono solo quando cede alle corporazioni e paga gli interessi specifici, ed è cattivo quando dovrebbe fare il proprio dovere: sicurezza, giustizia, soccorso. Ad uccidere è stato il caso, ma per la lunga agonia del nostro vivere collettivo ciascuno di noi ha delle colpe. Io non ho visto che sinistra e destra sospendevano il diritto alla sicurezza. Per quanto le parole sembrino inutili, ho la colpa di non averlo denunciato.
Pubblicato su Libero di martedì 25 novembre
L'EDITORIALE
DI TERZA REPUBBLICA
Terza Repubblica è il quotidiano online fondato e diretto da Enrico Cisnetto nato nel 2005 dall'esperienza di Società Aperta con l'obiettivo di creare uno spazio di commento indipendente e fuori dal coro sul contesto politico-economico del paese.