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Altro che “antipolitica”

La cultura di Grillo

Il rischio è quello di una cultura politica che ritiene necessario l’ estremismo della posizione ideologica quando in ballo c’è la vita stessa dell’ uomo e la sua reale capacità di manifestare il proprio essere.

di Claudio Strinati - 11 marzo 2013

E’ stato osservato che Beppe Grillo rifletterebbe una cultura di tipo “sessantottesco”. In effetti Beppe Grillo ha quasi sessantacinque anni essendo nato nel 1948, nel ’68 aveva vent’ anni ed era quindi nell’ età giusta per sensibilizzarsi su quelle fatali tematiche. Inoltre è genovese e viene quindi da un ambiente di profondo radicamento marxista, contraddistinto da potenti lotte operaie, dai primi e spontanei fermenti rivoluzionari manifestatisi con chiarezza in Italia al’ ini settanta del Novecento sull’ onda dell’ influsso (in parte promanante dall’ Università di Trento nella figura di Renato Curcio delle prime Brigate Rosse nate su presupposti colti e consapevoli anche se poi ben presto finiti in tragedia e inganno funesto. Ma di questa deriva tragica nulla sfiora il movimento di Grillo che si ricollega piuttosto al movimento studentesco del ’68 di Mario Capanna alla Statale di Milano, già annichilito dalle conseguenze della strage di Piazza Fontana del ’69 ma immerso poi (sempre ben rintracciabile però) in una sorta di alveo sotterraneo della società italiana come un fiume carsico per decenni prima di riemergere, a partire da una ventina d’ anni fa, anche grazie al cosiddetto “comico” genovese. Sarà pure un comico Grillo ma non nel senso del clown buffonesco ( una figura che sarebbe invero degna di ben altro rispetto nella storia delle arti e della politica) come lo descrive insieme con Berlusconi il leader dei socialdemocratici tedeschi ma come artista promotore di una “lunga marcia” della satira e della erosione artistica e declamatoria di un mondo letteralmente lordato dal disastro della sanità fisica e morale della Nazione.

E’ stato preso sottogamba il sostegno dato a Grillo da Adriano Celentano e da Dario Fo ma è lì la chiave di lettura della impostazione culturale grilliana, quella del Mistero Buffo e del Ragazzo della Via Gluck, la grande linea lombarda ( radicalmente all’ opposto di quella leghista) che immette la corda pazza dell’ apparente delirio irrazionalistico di chi resiste attonito e tragicamente impotente ( purtroppo !) alle degenerazioni della corruzione delle persone e dell’ inquinamento dell’ ambiente , che è più o meno la stessa cosa in quella dottrina di pensiero artistico. Questo dicevano una cinquantina d’ anni fa (e in parte dicono) certi geniacci della nostra cultura come Gaber, Jannacci, Cochi e Renato, Piero Manzoni, Lucio Fontana, Fausto Melotti, Umberto Eco, Alberto Arbasino, quando da poco tempo erano arrivati anche qui gli echi affascinanti dei maestri di Francoforte come Marcuse e Adorno.

Non è possibile non comprendere i presupposti culturali della posizione di Grillo, che sono per l’ appunto questi, pensando di liquidarlo tacciandolo di essere un milionario e di avere un programma rischioso per l’ equilibrio della spesa pubblica, sia pure per certi aspetti. Ma è il rischio di una cultura politica ( politica sul serio e non “antipolitica”) che ritiene necessario l’ estremismo della posizione ideologica quando in ballo c’è la vita stessa dell’ uomo e la sua reale capacità di manifestare il proprio essere e di non scendere a compromessi, anche se piena di ombre, reticenze e ambiguità di cui continuiamo ( e temo continueremo dato che nessuna rivoluzione è accaduta) a scontare le conseguenze. In tal senso è divertente e significativo l’ accostamento al presidente Mao Zedong, purchè inteso non riferito al reale personaggio storico ma all’ immagine simbolica che questo personaggio conseguì nella nostra cultura “rivoluzionaria” sessantottesca, sovente troppo cialtronesca e ignara volutamente delle degenerazioni orripilanti della rivoluzione culturale cinese prima che ne emergessero le tragiche contraddizioni in direzione radicalmente opposta all’ idea del rispetto delle nostre stesse indispensabili premesse culturali.

L’ accostamento della traversata a nuoto di Grillo dello Stretto di Messina con la nuotata di Mao Zedong nelle acque del fiume Yangtze a Wuhan a dimostrazione di efficienza fisica e di inesausto afflato verso la meta, è legittimo. A condizione di ricordare che Grillo è prima di ogni cosa un artista ( e come tale emulo delle poderose e concitate declamazioni di Dario Fo che è forse il suo modello supremo) e nel contempo un politico a tutti gli effetti e la componente estetica del suo lavoro è determinante, arrivando ormai quasi sul punto di far esplodere le contraddizioni senza mediare, un punto utopistico ma necessario e che in effetti fa correre il rischio di rovinare tutto e non arrivare da nessuna parte. Estetica vuol dire comunicazione simbolica e comunicazione espressiva. Non serve a niente nell’ immediato ma costringe a pensare fuori dello schema burocratico. E questa lezione va raccolta e non disprezzata, specie dalle persone di cultura che hanno sorriso con benevolenza e affetto davanti al simpatico ma inevitabilmente impacciato film “ Viva la Libertà” del bravo Roberto Andò.

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