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Laici contro cattolici: ancora?

La croce di tutti e di nessuno

La facile confusione tra un simbolo e il suo significato

di Elio Di Caprio - 06 novembre 2009

Non poteva esserci un periodo più confuso di quello attuale per dibattere su crocefisso sì e crocefisso no nelle aule scolastiche, come problema improvvisamente diventato impellente a seguito della nota sentenza della Corte Europea. Perché accanirsi contro un simbolo del dolore universale come viene detto da autorevoli cattolici?

Nei fiumi di retorica che vengono sparsi a piene mani viene fuori di tutto come se fosse stato violato un nervo scoperto che tale non è per la maggioranza degli italiani in tutte altre faccende affaccendati, sviati più che dall’ennesimo conflitto tra laici e cattolici, da tanti altri labili conflitti tra pubblico e privato, tra etica ed economia, ora persino tra precetti religiosi e regole pubbliche (più o meno condivise) su quello che è lecito sessualmente fare nel privato.

Tutto passa ma i simboli restano, sono importanti e se non testimoniano un vissuto conseguente almeno rimarcano un’appartenenza e in tale contesto, che lo si voglia o no, l’Italia è un caso speciale in Europa. Roma, sembra banale dirlo, è sede del Vaticano e del Papa, la tradizione cattolica più che cristiana ha radici antiche ed è un valore di fatto che pone noi, più che altri popoli europei, sul difficile crinale di ospitare una religione universalmente riconosciuta ed esposti per ciò stesso in prima linea ad una difficile coabitazione con il potere che la Chiesa cattolica ha costituito. Non c’è da meravigliarsi che la Chiesa dalla sua presenza a Roma fa legittimamente derivare una speciale attenzione anche simbolica ed esemplare a quanto avviene nel nostro Paese.

Il minimo che la Chiesa possa fare è protestare per quella che sembra un’intrusione esterna contro l’esposizione dei crocefissi nelle scuole (italiane) così come i laici si possono domandare dal canto loro perchè il problema del crocefisso esposto in luoghi pubblici debba essere posto e sollevato dalla Corte Europea e non venga risolto autonomamente dallo Stato italiano.

Al di là delle polemiche strumentali tra laici e cattolici bisogna ammettere che proprio per la presenza della Chiesa la posizione italiana è particolarmente importante sia quando si batte (invano) perché nella Costituzione europea vengano inserite le radici cristiano-giudaiche di una cultura religiosa comune, sia quando, come succede in questi giorni, una sentenza della Corte Europea chiede proprio all’Italia cattolica di non esporre il crocefisso nelle aule scolastiche perché viola la libertà di religione degli alunni.

Libertà contro tradizione e quanto conta la libertà rispetto alla tradizione? Problema destinato a rimanere aperto per un Paese come il nostro, cattolico per definizione. E’ comunque curioso, per non dire altro, che la pronuncia della Corte Europea intervenga a pochi giorni dalla strombazzata iniziativa della fondazione di Gianfranco Fini che prevede per un domani non lontano l’insegnamento pubblico della religione islamica nelle scuole al fine di aprirsi meglio ad un futuro di nazione multietnica e perciò multireligiosa.

E’ mai possibile saltare sul carro della laicità fino a questo punto? A rigor di logica se si vogliono inaugurare corsi pubblici di religione islamica per i musulmani o se si vuole trasformare l’ora di religione nelle scuole in ora di storia delle religioni, non ci sarebbe alcuna ragione di privilegiarne una, seppure solo nei simboli. Del resto la Corte europea non ci ha chiesto di sradicare il cristianesimo ma di ridurre la presenza dei suoi simboli in contesti non necessari ed obbligati. Tutto qui, almeno così sembra. Ma fose non è così.

Il crocefisso a scuola può essere un simbolo o uno spunto di dibattito, però non c’è chi non veda, al di là delle legittime differenze di opinione e di orientamento, che vi è sotteso un altro problema che si cerca invano di rimuovere, completamente assente dalla sensibilità comune.

La prevalenza della religione cristiana – e cattolica per quanto riguarda una buona parte dell’Europa Occidentale- sulle altre religioni è solo un fatto numerico e di tradizione o è anche una superiorità intrinseca, che va difesa, dei seguaci della croce di Cristo rispetto ad altre religioni? Nel discorso di Ratisbona l’attuale Pontefice sembra propendere per quest’ultima affermazione, almeno con riguardo al confronto con la grande religione rivale di sempre, quella islamica.

Saremo dunque noi italiani in prima linea come nuovi crociati sotto le insegne di una Lega Italica che vuole gelosamente proteggere la propria identità culturale che è anche religiosa, a partire dal Crocefisso nelle scuole? Sarebbe un compito veramente gravoso per noi che tra i popoli europei appaiamo i più scristianizzati, i più ribaldi alle regole, i più “privatisti” che farebbero e fanno comunque a meno di precetti civili e religiosi al di là dell’omaggio formale a simboli alti e unificanti. Già ora siamo in mezzo ad un apparente conflitto tra i “crociati” della Lega e le visioni futuriste di Gianfranco Fini sulla società multietnica.

Nessuno discute la valenza simbolica del Cristo crocefisso per quello che ha significato in passato e quello che potrà significare in futuro. Non ha rappresentato solo l’umanità universale, è stato anche il simbolo di una civiltà. Sono passati solo 20 anni dalla caduta del Muro di Berlino e già nessuno ricorda che in metà dell’ Europa fino a ieri quel simbolo era misconosciuto e sdegnosamente rifiutato se non proibito dai regimi comunisti che identificavano quell’immagine con una civiltà capitalista decaduta che tentava invano di risorgere. Nessuno vorrebbe altre crociate, questa volta religiose, per il futuro. Ma se ce ne fosse bisogno siamo sicuri che basterebbe ostentare i crocefissi nelle scuole italiane per rafforzare la nostra identità in pericolo?

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