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Gli antieuro di maniera

La colpa non è dell'euro, ma vent'anni di errori

Governi poco coraggiosi, la Bce che non è la Fed. Ecco le vere cause della crisi, non la moneta unica

di Enrico Cisnetto - 03 novembre 2013

Togliamoci dalla testa che la colpa della nostra crisi sia l’euro. Lo si sente ripetere sempre più spesso, e a conforto di questa tesi si citano dati oggettivi ma non probanti. Il primo elemento è la politica di austerità a senso unico imposta dalla Germania ai paesi “cicala” dell’eurozona. Vero, si tratta di una politica sbagliata, ancorché le “formiche” tedesche abbiano ragione da vendere quando criticano il lassismo greco o italiano. Ma non è colpa dell’euro, semmai, al contrario, è l’esistenza della moneta unica senza l’unificazione politico-istituzionale degli Stati membri dell’euroclub a rendere possibile che il paese forte imponga le proprie scelte ai paesi deboli.

Stortura che non si supera eliminando l’euro, ma facendo quel passo – la creazione degli Stati Uniti d’Europa – che avrebbe dovuto essere fatto prima o almeno insieme alla creazione della moneta unica. La seconda “prova” che si porta è quella relativa al cambio: venerdì è sceso sotto quota 1,35 ma quando nei giorni scorsi navigava intorno a 1,40 si è, giustamente, lanciato l’allarme export. Noi ormai viviamo di quello, e avere una moneta super valutata non ci agevola di certo. Ma anche qui: il problema non è l’euro, ma la mancanza di scelte politiche che consentano alla Bce di muoversi con la stessa spregiudicatezza della Federal Reserve. Alla fine, il nodo è sempre lo stesso. E non lo si scioglie facendo tornare tutti alle monete nazionali: sarebbe una iattura, e in particolare per l’Italia, che si ritroverebbe a dover sopportare una svalutazione tra il 30% e il 50%.

La terza “prova”, poi, non poggia su alcun fondamento. Si dice: se gli italiani si sono impoveriti è perché con l’euro sono aumentati i prezzi. A parte il fatto che i rincari ci sono stati in occasione del concambio, e che da tempo abbiamo un tasso d’inflazione nella media Ue e comunque basso, ma in tutti i casi è sbagliato l’assunto. Noi ci siamo impoveriti perché dopo un decennio, gli anni Novanta, passato a rallentare la crescita e un inizio del decennio successivo a crescita zero, negli ultimi sei anni siamo andati incontro ad una recessione spaventosa, che si è mangiata quasi dieci punti di pil, circa 150 miliardi, ha cancellato poco meno del 27% del valore della produzione industriale e ha annientato oltre il 15% del nostro apparato produttivo. Venivamo da una crisi tutta nostra e siamo stati il paese che più di tutti, proprio perché intrinsecamente già debole di suo, ha pagato la crisi mondiale. Cosa c’entra l’euro in tutto questo? Attenzione, perché evocando il “mostro euro” rischiamo di regalare un comodo alibi a chi ha la responsabilità di aver mal governato l’Italia nell’ultimo ventennio e ora dovrebbe prendere le decisioni – le tanto invocate e mai attuate riforme strutturali – necessarie a portarci fuori dal declino strutturale in cui siamo piombati.

Si dirà: non è un caso che in tutta Europa stanno acquisendo consensi crescenti i partiti “anti euro”. Vero, in Francia la destra della Le Pen è data in testa nei sondaggi, in Italia i penstellati di Grillo si battono contro l’euro, mentre alle elezioni tedesche di un mese fa “Alternativa per la Germania” ha sì mancato l’accesso al Parlamento, ma l’ha sfiorato, e alle prossime europee si prevede che sfondi. Far vincere i nazionalismi populisti e buttare a mare l’euro – lo dice uno a tempo debito euro-prudente – non è la ricetta giusta. Anzi. (twitter @ecisnetto)

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Terza Repubblica è il quotidiano online fondato e diretto da Enrico Cisnetto nato nel 2005 dall'esperienza di Società Aperta con l'obiettivo di creare uno spazio di commento indipendente e fuori dal coro sul contesto politico-economico del paese.