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Se l’Unione c’è, bene. Se non c’è, non esiste

La clandestinità resta un reato

Noi italiani non siamo troppo cattivi, siamo solo troppo incapaci di far rispettare la legge

di Davide Giacalone - 03 maggio 2011

Al contrario di quanto quasi tutti, con gioia o rammarico, hanno urlato, la Corte di giustizia dell’Unione Europea non ha affatto considerato illegittimo il reato di clandestinità. I commenti di chi festeggia l’umanità caritatevole dei giudici, come di quanti li accusano di rendere impossibili le espulsioni, sono a vanvera. Tirati giù un tanto al chilo. Anzi, la sentenza è l’occasione per imprimere al contrasto della clandestinità una svolta di severità ed efficacia.

Il reato di clandestinità esiste in molti Paesi dell’Unione, posto che in nessuno è consentito soggiornare senza adeguato titolo o permesso. La Corte non ha né titolo né motivo per smantellare quelle legislazioni. Il punto dolente, che c’è costata la bocciatura, è relativo alle ragioni che portano a comminare la detenzione. In altre parole: il perché un clandestino finisce in galera. Noi italiani non siamo troppo cattivi, siamo solo troppo incapaci di far rispettare la legge, espellendo le persone e poi punendole perché non se ne vanno. E’ questo che ci viene rimproverato. In quanto al fatto che la Corte si pronunci sulla nostra legge e non su quelle di altri, la ragione sta nel fatto che è stato un nostro tribunale (la Corte d’Appello di Trento) a chiedere di dichiarare illegittima la legge italiana. Nonostante ciò, la sentenza non apre affatto la via alla mollezza, se solo la politica non si squaglia davanti ai titoli (sbagliati) dei giornali e dei telegiornali.

La direttiva europea (2008/115, entrata in vigore l’anno successivo e immediatamente esecutiva, quindi efficace anche nei 12 Paesi che non l’hanno ancora recepita, fra i quali l’Italia) stabilisce che i clandestini possono essere buttati fuori, e chiarisce che se non se ne vanno con le loro gambe si può ben bloccarli fisicamente, arrestarli e spostarli oltre frontiera. Non c’è buonismo. Il fatto è che la privazione della libertà deve essere temporalmente adeguata all’espulsione, vale a dire che ti blocco oggi e ti mando via entro qualche settimana.

Se, invece, come prevedeva la legge italiana, consegno al clandestino un provvedimento d’espulsione e lo saluto, ma poi pretendo di arrestarlo e condannarlo (fino a cinque anni di carcere) per il non essere andato via, è come se facessi pagare a lui l’incapacità statale di dare seguito al provvedimento amministrativo. La detenzione, inoltre, non è temporalmente congrua e non è destinata all’espulsione.

A noi può andare benissimo, perché, se non hanno commesso altri reati, non abbiamo nessun interesse a riempire le carceri di clandestini. Meglio metterli fuori dal territorio nazionale. Piuttosto, dovremmo stabilire che chi viene bloccato e portato presso un Centro d’Identificazione ed Espulsione (Cie) non può allontanarsi e che se lo fa incorre in un reato che comporta l’immediato arresto e l’altrettanto immediata espulsione, senza ulteriori formalità. Da noi, invece, come abbiamo visto tante volte, da quei centri si va via sotto gli occhi di tutti, fotografi e forze dell’ordine compresi.

La cosa paradossale è che, nel Paese delle chiacchiere e delle sceneggiate, in cui ci si divide fra presunti carnefici e presunti sbracatori, senza alcuna attenzione alla realtà ma con travolgente passione verso l’iperbole e l’esagerazione, si finisce condannati per troppa severità, laddove si sperimentano ogni giorno le conseguenze del lassismo. Roba da ricovero.

Tutto ciò, senza dimenticare le colpe dell’Unione Europea. I giudici sentenzino pure quel che credono, e, come abbiamo visto, la loro decisione è ben diversa da come è stata raccontata, ma resta il fatto che il pachiderma europeo non può pensare d’affrontare un problema immenso dedicandovi una direttiva, fregandosene del suo recepimento e dispensando bacchettate a chi non si mostra felice.

Questa è materia che richiede azioni concrete, rapporti con i Paesi di provenienza e contrasto attivo della criminalità che commercia carne umana. Se l’Unione c’è, bene. Se non c’è, non esiste.

Pubblicato da Libero

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