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Moneta senza Stato

La Bce non basta

Draghi ha ragione: la Bce ha evitato il disastro. Ma sarebbe un disastro credere che basti.

di Davide Giacalone - 24 novembre 2012

Da una parte vien da dire: meno male che Mario Draghi c’è. Egli ha ragione a ricordare che la Banca centrale europea è riuscita “a calmare le tensioni immediate di un credit crunch con gravi conseguenze e il programma di acquisto bond ha funzionato come credibile freno contro scenari disastrosi”. In altre parole: abbiamo salvato le banche, il mercato e l’intera Unione europea, salvando gli stati aggrediti dalla speculazione contro i loro debiti. Dall’altra, però, proprio i meriti della banca centrale, e di chi la guida, mettono in pericolosa luce il vuoto che la circonda. Lo stesso Draghi ha detto che la Bce “non si è assunta funzioni che spettano ai governi”. Non ne sarei così sicuro, in ogni caso s’è assunta (opportunamente) una supplenza decisiva.

Draghi preme perché si realizzi velocemente l’unione bancaria. Anche su questo ha ragione, ma c’è già capitato di osservare che non esiste moneta unica senza area bancaria unica, non esiste questa senza comune politica fiscale, non è possibile ottenerla senza comune politica economica, che non è ipotizzabile senza un’Unione che non sia solo un nome, ma sia politica. Il punto, quindi, è sempre lo stesso: la crisi dei debiti e i pericoli per il credito sono il segno di un difetto strutturale della moneta unica, rispetto al quale o si corre in avanti, realizzando le riforme e le devoluzioni di sovranità che portino ad una reale entità federale, oppure il giocattolo tanto atteso e tanto costato è destinato a sfasciarsi.

La supplenza della Bce ha svolto un ruolo più che positivo. Applausi. Ma non è pensabile che l’Europa più solida e coesa nasca nelle stanze della banca centrale. Non solo perché le tecnocrazie sono per loro natura fallaci e fragilissime, mentre le democrazie decisamente più sagge e solide, ma perché il baratto di meno coinvolgimento popolare e democrazia in cambio di più gestione della crisi economica non regge trenta secondi.

Ai fioriti incontri fra presidenti, che abbracciandosi si scambiano, innanzi a festanti scolaresche, reciproca promessa d’intramontabile fratellanza, manca la rappresentanza degli interessi reali, dei sistemi produttivi oggi divaricati da crediti che favoriscono il prevalere degli uni sugli altri. Alle riunioni governative concentrate sul bilancio, ove si difendono interessi nazionali che sono contro gli interessi dei propri popoli, manca la rappresentanza d’idee capaci di pensare l’Ue nel mondo globalizzato. Agli uni manca l’odierna realtà, agli altri la consapevolezza storica.

Draghi ha ragione: la Bce ha evitato il disastro. Ma sarebbe un disastro credere che basti.

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