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La lotta all’inflazione è vinta

La Bce cambi indirizzo

Ora per l’istituto centrale europeo devono diventare prioritarie la crescita e l’occupazione

di Enrico Cisnetto - 04 giugno 2007

L’inflazione è morta. L’annuncio, anche se ufficioso, l’ha dato Mario Draghi all’assemblea di Bankitalia, facendo notare che in tutta l’area euro l’aumento dei prezzi al consumo nel 2006 è risultato pari al 2,2%, quasi dimezzato rispetto ai primi anni ’90. A maggio 2007 era sceso a 1,9% (in Italia 1,6%). Quella del calo dell’inflazione è una tendenza che ha attraversato tutti i paesi industrializzati, e in quelli emergenti la decrescita è stata ancora maggiore, visto che il costo della vita è sceso complessivamente dal 60% al 5%. Per quanto riguarda il Vecchio Continente, poi, la gran parte del merito di questo risultato va alle singole banche centrali, italiana in testa, che in vista dell’integrazione monetaria hanno saputo disattivare il circuito perverso inflazione alta-tassi alti, e anche alla Bce che, in quasi dieci anni di attività, ha centrato l’obiettivo per il quale è nata. Come dimostra il 2006, anno di generale ripresa dell’economia europea e di rincari del costo dell’energia e delle materie prime – compreso lo shock petrolifero del 2006, quando il greggio arrivò a sfiorare i 70 dollari al barile – ma nel corso del quale non vi è stato alcuna delle fiammate inflazionistiche di cui eravamo stati testimoni negli anni ’70 e ’80. Ora, però, se è vero che l’inflazione è un problema del passato, per la Bce s’impone un cambiamento epocale: passare da cane da guardia di un pericolo che non c’è più a protagonista dello sviluppo. Come? Riscrivendo le regole d’ingaggio della banca europea, in modo da darle la possibilità di utilizzare la moneta in funzione anche espansiva. Si dirà: abbiamo dato la piena indipendenza ai banchieri di Francoforte, ora è difficile levargliela. Vero. Ma le condizioni politiche per riscrivere il mandato della Bce ci sono tutte. Quando Nicolas Sarkozy dice che l’euro è l’unica moneta al mondo sopravvalutata rispetto al dollaro, allo yen e allo yuan cinese, significa che il presidente francese non soltanto denuncia un handicap al suo export ma fa intendere che la politica del suo connazionale Trichet non gli piace affatto e intende muovergli guerra.

E se poi il “falco” Axel Weber, presidente della Bundesbank e componente molto ascoltato del board dell’istituto centrale europeo, esprime perplessità nei confronti del sistema di comunicazione della Bce, sostenendo che non si dovrebbero usare parole in codice come “forte vigilanza” per indicare con un mese di anticipo un nuovo rialzo dei tassi, e non nasconde contrarietà alla pubblicazione dei verbali delle riunioni perchè “dovrebbe essere evitato di muovere i mercati settimane dopo”, questo significa che anche tra i banchieri centrali ci sono motivi di critica ai comportamenti della Bce.

Il 6 giugno è in programma un nuovo rialzo dei tassi, l’ottavo consecutivo dal 2005, che porterà il costo del denaro in Eurolandia al 4%. Poi se Sarkozy e Merkel sapranno ristabilire il vecchio asse franco-tedesco, verrà il momento dei ripensamenti. Speriamo che al tavolo di quella decisione se non ci sarà il governo italiano, almeno ci sia il Governatore Draghi.

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Terza Repubblica è il quotidiano online fondato e diretto da Enrico Cisnetto nato nel 2005 dall'esperienza di Società Aperta con l'obiettivo di creare uno spazio di commento indipendente e fuori dal coro sul contesto politico-economico del paese.