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Alle elezioni suppletive vince l’astensionismo

L’uninominale è morto

Un altro fallimento del mattarellum: l’inesistenza del rapporto tra elettori ed eletti

di Davide Giacalone - 28 giugno 2005

Il collegio uninominale è morto, sempre ammesso che sia mai nato. Il sistema elettorale uninominale si basa su due principi: da una parte è maggioritario, punendo severamente quelle forze politiche che raccolgono consensi in tutto il Paese, ma non prevalgono in nessun collegio; dall’altra instaura un rapporto diretto e personale fra l’eletto (e prima ancora i candidati) e la comunità umana racchiusa nel collegio, che è piuttosto piccolo. L’uninominale non è l’unico sistema maggioritario, ne esistono altri in grado di privilegiare la formazione di una solida maggioranza sulla vasta rappresentatività. L’uninominale, quindi, ha come caratteristica propria solo il legame personale fra elettori ed eletto.

Ebbene, lo scorso fine settimana si è votato per due seggi resisi vacanti alla Camera dei Deputati. Sono stati chiamati alle urne gli elettori calabresi del collegio di Isola Capo Rizzato e quelli laziali del collegio numero 11. I primi hanno votato nella ridicola percentuale del 21 per cento, i secondi si sono fermati al 16 per cento. In tutti e due i casi ha stravinto il centro sinistra, ma, tutto sommato, in tutti e due i casi non importava niente a nessuno: gli elettori non conoscevano i candidati, non conoscono l’eletto, e non se ne fanno un cruccio. Buona notte all’uninominale.

Il bello è che nel vecchio sistema proporzionale, dove i candidati erano molti in ciascuna lista ed i collegi estremamente vasti, erano nati forti fenomeni di radicamento personale che si esprimevano con le preferenze. Si disse che quel sistema favoriva le camarille e lo strapotere dei partiti, si disse che occorreva risvegliare l’interesse favorendo un confronto fra persone e non fra partiti. Ed eco il risultato: i candidati sono scelti da un manipolo di cuochi che lavorano nella segreta cucina delle coalizioni, e gli elettori neanche ci pensano ad interessarsi allo scontro fra i galletti da loro selezionati, attendendo di essere convocati per contese generali, come al solito, pro o contro Berlusconi.

Ma ce lo terremo, questo cadavere di sistema elettorale. Ce lo terremo. Ai piccoli partiti è bastata la lezione delle elezioni europee, per capire che a chiacchiere si vuole il proporzionale, ma, nella sostanza, meglio spuntare l’accordo con una coalizione e garantirsi l’elezione di qualche testimone. Ai partiti estremi, intendendosi per tali formazioni come la Lega, questo sistema conviene perché premia il loro valore marginale e, successivamente, il loro potere di ricatto. Ai capi delle coalizioni conviene, perché così stanti le cose si procede per inerzia e nessuno può permettersi di minacciare la loro posizione. Non conviene alle forze centrali dell’uno e dell’altro schieramento, che sono, però, sprovviste della forza e del coraggio per osare la rottura (Bondi lo ha capito ora, io lo scrivo da anni, ma ragiona e propone con la testa già immersa nella sconfitta, sperando di mascherarla con un berlinguerismo fuori tempo e fuori tema; altri sono i doveri di chi vince le elezioni). Così attendono che il sistema crolli da sé, sperando di non perire sotto le macerie.

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