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I paradossi delle democrazie

L’Onu,il boia e le conseguenze

Moratoria: un primo passo verso l’abolizione della pena capitale

di Davide Giacalone - 20 dicembre 2007

Il giorno dopo l’approvazione della moratoria sulla pena di morte quattro persone sono state impiccate in Iran. Altri saranno ammazzati in Cina, mentre c’è chi non rinnegherà la pratica e continuerà, senza grandi clamori, a dar lavoro ai boia. Mi colpisce il modo in cui tutta questa faccenda viene esaminata e vissuta, senza che se ne colga la micidiale implicazione politica. La moratoria è una buona cosa, e la si deve all’impegno dei radicali. La si deve al coraggio ed alla grandiosità di Marco Pannella, leader incurante della quantità. Sono stati i radicali a premere sui governi italiani e questi, per averli alleati o non nemici, si sono mossi sulla scena internazionale. Talora con convinzione ed impegno, talaltra con scetticismo e rassegnazione. Alla fine il risutato è arrivato. Il fatto che stesse sulle prime pagine dei soli quotidiani italiani la dice lunga.

Il voto delle Nazioni Unite non è vincolante per nessuno, e chi vuole continuare ad ammazzare può farlo. Solo che il segretario generale è tenuto a monitorare la situazione e relazionare sull’andamento degli omicidi legali. Diciamo che la cosa può avere un peso sui sistemi democratici, Stati Uniti in testa, mentre gli altri faranno spallucce. La moratoria, si ripete in Italia, e lo si dice dal Quirinale fino all’ultimo bar, non basta. Qui comincia la battaglia, l’obiettivo è l’abolizione totale della pena capitale. Benissimo, concordo. Ma c’è qualche cosa che non torna, c’è qualcuno che mente o non sa quel che dice.

Che si fa il giorno in cui si accerta che c’è chi non tiene in alcun conto le decisioni dell’Onu? Quando Saddam Hussein mise alla porta gli ispettori incaricati di farne rispettare le indicazioni ci fu chi decise che la misura era colma ed il dittatore meritava d’essere abbattuto con la forza. Lo ritenni giusto, pur sapendo che non esistono guerre senza altissimi costi umani. Fra quanti, ora, festeggiano la moratoria ed auspicano l’abolizione, invece, c’è chi lo ritennero sbagliato. Ecco: cosa si fa quando ancora si rifiuterà di allinearsi a quel voto? che si fa quando qualcuno sosterrà che lapidare le adultere è cosa giusta e santa? cosa, quando in Iran impiccheranno ancora una studentessa oppositrice, alla vigilia del parto? Reclamare il rispetto dei diritti umani ovunque è giustissimo, la mia libertà non sarà mai piena fin quando un solo essere umano se la vedrà negata. Ma aderire a questo principio è l’esatto contrario del pacifismo multicolore e testavacante.

Paradossalmente il voto dell’Onu, che gli Stati Uniti non hanno gradito, è figlio spurio della dottrina Bush, appartiene all’albero su cui fiorisce l’idea che la libertà debba essere incoraggiata anche con la forza, comporta l’idea, se non proprio la decisione, dell’intervento fuori dai confini delle democrazie occidentali (oltre che all’interno, naturalmente, come nel caso Usa). Però attenti: la politica estera deve sempre avere una spinta ideale, ma mai abbandonare il principio di realtà. Direi che l’ipotesi di una pressione armata contro la Cina è da scartarsi, e siccome quello è il Paese in cui il boia è più indaffarato, ne deriva che l’Onu ha messo nel conto di potere parlare senza essere ascoltato. E’ un buon affare? Non saprei dire. Di certo, oggi sono più forti i movimenti abolizionisti interni alla grande democrazia statunitense. Non è poco. Ma è cosa diversa da quella che ci andiamo raccontando.

www.davidegiacalone.it

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