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Liberarsi del nostro “rais”? Come, quando e con chi?

L’onda

Egitto come Italia? Ma Berlusconi è un’altra cosa

di Elio Di Caprio - 04 febbraio 2011

Con l’indignazione non ci si sbarazza certo di Berlusconi, ammesso che questo sia un obiettivo comune alla maggioranza degli italiani, compresa la casalinga di Voghera. Girotondini, popolo viola, proteste dei grillini ( non dimentichiamo che furono all’apice durante il governo Prodi), le martellanti sette domande di Repubblica sull’etica del Premier, non sono servite a niente. Come non sono servite e non servono l’implacabile elencazione delle leggi-vergogna del Cavaliere a cura di Marco Travaglio, le prediche a raggio largo di Roberto Saviano, le nuove indignazioni senza se e senza me di alcuni esponenti del FLI.

L’indignazione può produrre disgusto ma non passione. E’ sempre e ancora il Palazzo a decidere al suo interno se andare a nuove elezioni o no e con quale legge elettorale. E’ dentro il Palazzo che gli smottamenti continui tra gli schieramenti e le nuove aggregazioni politiche vengono alla luce nell’impossibilità di alcuna reazione da parte del comune cittadino che può avere solo la pazienza di aggiornarsi sulle ultime mosse del teatrino italiano. I risicati voti di fiducia mantengono in vita un Governo che governa solo parzialmente perché continuamente insidiato e assiedato nella sua immagine da scandali a ripetizione che trovano ampia eco nei giornali e nelle televisioni di tutto il mondo.

Per aggiungere indignazione a indignazione l’ultimo numero del mensile di estrema sinistra “Micromega” è dedicato alla solita equazione berlusconismo-fascismo che tanto piace agli intellettuali insoddisfatti e sconcertati che non sanno darsi ragione del perché una parte degli italiani – una grande minoranza divenuta maggioritaria grazie alla legge elettorale- ancora penda dalle labbra del Cavaliere e dai suoi messaggi propagandistici, dandogli nonostante tutto una patente di credibilità. Ma poi è lo stesso Micromega ad ammettere che poco più del 20% degli italiani legge la carta stampata. Ed allora quanti leggeranno le sofisticate analisi del suddetto mensile? Quale mobilitazione si potrà mai sollecitare a più di 40 anni dal ’68 usando le medesime retoriche di una volta con slogans prefabbricati, fino ad arrivare all’equazione bersluconismo-fascismo?

Da noi le onde della protesta non hanno più successo. Quella studentesca si è subito riassorbita quando nessuno è riuscito a chiarire se la riforma dell’università fosse stata fatta da chi stava dalla parte degli studenti o dalla parte dei “baroni”. Altre onde di mobilitazione di massa, ammesso che siano possibili, non trovano nemmeno un leader, il Baradei di turno, come in Egitto, al quale affidare l’immagine di un’opposizione incalzante che ha tutte le carte in regola per volersi scrollare il sistema di potere vigente in Italia. L’Italia non è l’Egitto per innumerevoli ragioni, non possiamo neppure paragonarci allo Stato nordafricano per misurare gli effetti della caduta di Mubarak e della (eventuale) caduta del governo Berlusconi. Eppure su Microomega affiora l’interrogativo, posto ora apertamente dal presunto capo-popolo Antonio Di Pietro, del perché gli egiziani stiano riuscendo a sbarazzarsi del rais Mubarak e noi non riusciamo a liberarci del Papi nazionale. Perché nessuna onda di indignazione in Italia- e ce ne sarebbero abbondanti motivi – che riesca a minare la sopravvivenza del Governo?

Gli assalti dei girotondini, del popolo viola,dei grillini si sono finora infranti contro il muro di gomma del berlusconismo riuscito finora a mantenersi in piedi profittando della debolezza e della confusione che regna nell’opposizione. Perché? Semplicemente perché il berlusconismo non è una dittatura, non lo è mai stata e mai lo sarà. La sua forza si è consolidata lungo gli ultimi 15 anni solo grazie agli errori ed alle commistioni o connivenze di alleati ed oppositori, da Casini, a Fini, a D’Alema e allo stesso Veltroni. Non si può dimenticare d’un tratto l’alleanza del partito di Fini e di quello di Casini con il Cavaliere fino a tempi recenti così come va ricordata la poltrona offerta allo stesso D’Alema da Berlusconi per la presidenza della Bicamerale nel 1996.

Nè va trascurato che “l’utilizzatore finale” dell’accelerata verso un pasticciato sistema bipartitico, annunciato e voluto dall’astuto Walter Veltroni , sia stato proprio l’attuale Premier. I “professionisti della politica” che rimangono nell’agone politico in attesa di un post berlusconismo che tarda ad arrivare per rigiocare le loro carte, sono stati tutti finora sconfitti dal Cavaliere, da colui che in questi anni li ha ampiamente superati in termini di professionismo della politica, pur sbandierando grottescamente le sue stimmate originarie di personaggio antipolitico per eccellenza entrato nell’arena per soppiantare i rituali ed i partiti della Seconda Repubblica.

L’Italia non è l’Egitto, Berlusconi non è Mubarak, c’è rais e rais, ma soprattutto nella classe politica italiana nessuno ha le carte in regola- né gli ex missini, né gli ex comunisti, né gli ex radicali, nè gli ex socialisti, né gli ex democristiani e tanto meno i leghisti per presentarsi come estraneo al percorso che negli ultimi 15 anni ha portato all’attuale situazione di stallo. Non dobbiamo liberarci da una dittatura come in Egitto, il berlusconismo non è il fascismo. Ammettiamo che se mai si dovesse arrivare alla mobilitazione di un’onda di protesta generale contro il berlusconismo, come vorrebbero Di Pietro e soci, sarebbe poi assai difficile distinguere all’interno del Palazzo con quale formazione politica indignarsi di più...

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