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Il declino di una classe dirigente

L’occasione della sconfitta

Questa sinistra ha bisogno di riflettere sugli errori e ripartire da zero

di Davide Giacalone - 30 aprile 2008

Stiano a sentire, i signori della sinistra: oscillando fra depressione e prosopopea si rendono ridicoli, la sconfitta consegna nelle loro mani la possibilità di far nascere una sinistra sana, democratica ed occidentale. Già c’è chi affila le lame del regolamento dei conti, ma se pensano di rifare una coalizione sventolando le bandiere rosse con su la faccia di Casini, o quelle arcobaleno con la faccia di Vendola, non hanno capito un bel niente. Sono fuori dal mondo.

La sconfitta romana è limpida, chiarissima: basta con i bellimbusti che non sanno cosa dire, ma lo dicono bene; con l’apparenza a dispetto della sostanza; con professionisti della politica che si vestono facendo il verso ai miliardari; con l’imitazione degli americani senza sapere una sega dell’America. L’elettore di sinistra si è strarotto di votare succedanei di quel che della destra detesta. La borghesia agiata ed annoiata se ne frega delle cravatte chiare su botton down, resta al ristorante e non va a votare (mitica la previsione di Vanzina!), mentre quelli che fanno la fila all’ipermercato (e che a sinistra chiamano “borgatari”, perché neanche sanno più cosa e dove sono le borgate) s’arrabbiano a vedere che c’è chi paga l’ombrellone quanto loro pagano d’affitto.

Detto in breve: la sinistra è guidata da una classe dirigente vuota d’idee e composta da mantenuti della politica. E tale disastro capita per due ragioni:
a. perché la sinistra che fu comunista si ostina a non volere fare i conti con il proprio ieri, condannandosi a non avere idee e valori per il domani;
b. perché nel vuoto di coerenza ed ideali si selezionano arrampicatori, cercatori di rendite, tendenzialmente nullafacenti dalla nascita.
Bene! La strasconfitta, l’essere stati infilzati da un avversario per niente centrista o buonista, dovrebbe aiutarli a cambiare musica. Comincino dal comunismo e terminino con il moralismo, non tralasciando nessuno dei loro orrori. Provino, magari per gioco, a campare una settimana con il salario medio di un mese. Facciano la fila, non dico per la pensione, ma almeno per il cinema, la domenica. Scopriranno un mondo, quello reale, che non si vede dalle ville degli amichetti loro, arricchitisi con municipalizzate e sottogoverno. E’ un’occasione preziosa, almeno quanto le loro scarpe. Non la sprechino.

Pubblicato su Libero di mercoledì 30 aprile

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