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I sindacalisti al vertice del Parlamento

L’Italia prigioniera in un dagherrotipo

Qual'è la missione di questi rappresentanti di minoranze promossi al rango di statisti?

di Davide Giacalone - 28 aprile 2006

I sindacalisti sono giunti al potere. I candidati dell’unione alla presidenza di Senato e Camera, quindi alla seconda e terza carica dello Stato, sono Franco Marini e Fausto Bertinotti. Il primo fu sindacalista nella Cisl, il secondo nella Cgil, tutti e due nati nel professionismo politico. Basta questo per capire che la distribuzione degli incarichi istituzionali non è una foto dell’Italia d’oggi, ma un dagherrotipo di quella del secolo scorso.
Può darsi che le cose non vadano proprio come la sinistra si aspetta, lo sapremo fra qualche ora. Ma da quel copione traimo una lezione importante, che è bene mettere in evidenza. Dunque, nell’Italia dove i sindacati rappresentano sempre meno i lavoratori e sempre più una minoranza di pensionati, nel mentre i sindacati stessi sono strutturati per negoziare contratti che riguardano una minoranza decrescente di lavoratori, nel mentre le sfide che ci attendono riguardano la dimensione globale del mercato, si prendono due sindacalisti e li si promuove a statisti. Con quale missione?
Bertinotti sarà sicuramente presidente della Camera, mentre al Senato l’Unione deve impegnarsi con tutte le forze, giacché la vittoria di Marini è per loro vitale. I due, appena eletti, dovranno recarsi al Quirinale e chiedere al Presidente della Repubblica di dare subito l’incarico per formare il nuovo governo. Questo ha stabilito una dottrina improvvisata, giacché di tale procedura non v’è traccia nella Costituzione. E sia. L’incarico deve essere dato a Romano Prodi, vale a dire al più longevo esponente dell’industria di Stato, che ha lungamente e ripetutamente diretto, sempre in rappresentanza della democrazia cristiana. Due figli del mondo sindacale si muoveranno per accelerare l’ascesa di un figlio dello statalismo. Una volta raggiunto tale assetto istituzionale si dovrebbe dare applicazione a politiche economiche che promuovano la libertà di mercato, le liberalizzazioni e le privatizzazioni. Sembra uno scherzo, e forse lo è.
Sulla strada trionfale di questo disegno s’è inserito un imprevisto, che porta il nome di Giulio Andreotti. Mente lucida, riflessi pronti, allenati all’azione fin da quando era sottosegretario nel primo governo De Gasperi. Può darsi che sia battuto, anche grazie al voto che un senatore d’altro continente ha promesso all’unione, dopo aver chiesto, senza che nessuno abbia menato scandalo, d’essere compensato per pronta cassa e d’aver minacciato nel caso le promesse non saranno mantenute. Può darsi che vinca, nel qual caso un ribollire del mondo sindacale ed irizzato in perfetto stile anni settanta sarà stato interdetto da un governante degli anni cinquanta. Qualcuno, per cortesia, svegli l’Italia, brutta addormentata, da quest’incubo del passato che non passa mai.

www.davidegiacalone.it

Pubblicato su Libero del 28 aprile 2006

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