Il sistema Paese è prossimo al collasso
L’Italia nello specchio Telecom
Il triste epilogo della storia di un’azienda inchiodata al suo passatodi Davide Giacalone - 27 novembre 2007
In Telecom Italia s’insediano Galateri e Bernabè. Buora attende il turno. Con tutto il rispetto per ciascuno, è il segno che affonda non solo la Telecom, ma il sistema Italia. Si tratta di una società privata, la scelta dei vertici spetta agli azionisti, e per questo non ne ho, fin qui, scritto. Ma è anche una società quotata, che raccoglie risparmi dei cittadini, è concessionaria pubblica e la sua storia s’intreccia con la politica.
Bernabè fu amministratore scelto dal nocciolino nato attorno agli Agnelli (dove si trovava Galateri) ed alle stesse banche di oggi. Cercò di resistere alla scalata di Colaninno, ma fu abbandonato da quelli che lo avevano nominato, dal ministero del Tesoro, dalla Banca d’Italia e da Palazzo Chigi, dov’era da poco giunto quel D’Alema che si mostrò acceso, attivo ed influente sostenitore degli scalatori. Bernabè rimase troppo poco per potersene valutare le capacità nel settore, certo la sua idea d’allora di fondersi con l’operatore tedesco, statale, oggi è impercorribile. Il suo ritorno ha il sapore della vendetta postuma, con goduria di Prodi e dolore per D’Alema. Le telecomunicazioni, come vedete, c’entrano poco. Buora, dal canto suo, è stato l’uomo di più stretta fiducia finanziaria di Tronchetti Provera e ne ha condiviso tutte le scelte in Telecom, spioni compresi. Taluno sostiene che i due abbiano litigato, come se la cosa sia rilevante, o come se questo misero particolare non contribuisca, semmai, a rendere più inquietante la faccenda. Certo, rappresenterebbe la continuità. Ma di cosa? C’entrano, per caso, le montagne di quattrini spariti all’estero, c’entra il sistema Grisendi, c’entra l’intrecciarsi di dossier illegali e ricatti? Centra il fatto che sotto la sua gestione non si mosse alcuna azione di responsabilità nei confronti dei predecessori? Di sicuro non c’entra la strategia di Telecom, che non c’è. L’azienda è inchiodata al suo passato. L’Italia non ha alcuna nuova classe dirigente e rimesta in quel che è rimasto, faide tribali e conflitti d’interesse compresi. La lentezza della giustizia trascina all’infinito sospetti limacciosi, pressioni indebite, mescolarsi di paura ed arroganza. I cocci finiranno in mano agli spagnoli, o di altri che siano più lesti. Il quadro è devastato, desolante, e non riguarda solo Telecom.
Pubblicato su Libero di martedì 27 novembre
Bernabè fu amministratore scelto dal nocciolino nato attorno agli Agnelli (dove si trovava Galateri) ed alle stesse banche di oggi. Cercò di resistere alla scalata di Colaninno, ma fu abbandonato da quelli che lo avevano nominato, dal ministero del Tesoro, dalla Banca d’Italia e da Palazzo Chigi, dov’era da poco giunto quel D’Alema che si mostrò acceso, attivo ed influente sostenitore degli scalatori. Bernabè rimase troppo poco per potersene valutare le capacità nel settore, certo la sua idea d’allora di fondersi con l’operatore tedesco, statale, oggi è impercorribile. Il suo ritorno ha il sapore della vendetta postuma, con goduria di Prodi e dolore per D’Alema. Le telecomunicazioni, come vedete, c’entrano poco. Buora, dal canto suo, è stato l’uomo di più stretta fiducia finanziaria di Tronchetti Provera e ne ha condiviso tutte le scelte in Telecom, spioni compresi. Taluno sostiene che i due abbiano litigato, come se la cosa sia rilevante, o come se questo misero particolare non contribuisca, semmai, a rendere più inquietante la faccenda. Certo, rappresenterebbe la continuità. Ma di cosa? C’entrano, per caso, le montagne di quattrini spariti all’estero, c’entra il sistema Grisendi, c’entra l’intrecciarsi di dossier illegali e ricatti? Centra il fatto che sotto la sua gestione non si mosse alcuna azione di responsabilità nei confronti dei predecessori? Di sicuro non c’entra la strategia di Telecom, che non c’è. L’azienda è inchiodata al suo passato. L’Italia non ha alcuna nuova classe dirigente e rimesta in quel che è rimasto, faide tribali e conflitti d’interesse compresi. La lentezza della giustizia trascina all’infinito sospetti limacciosi, pressioni indebite, mescolarsi di paura ed arroganza. I cocci finiranno in mano agli spagnoli, o di altri che siano più lesti. Il quadro è devastato, desolante, e non riguarda solo Telecom.
Pubblicato su Libero di martedì 27 novembre
L'EDITORIALE
DI TERZA REPUBBLICA
Terza Repubblica è il quotidiano online fondato e diretto da Enrico Cisnetto nato nel 2005 dall'esperienza di Società Aperta con l'obiettivo di creare uno spazio di commento indipendente e fuori dal coro sul contesto politico-economico del paese.